di Claudio Cippitelli
Immagini giornalistiche e droghe sono forse uno dei binomi più facili e allo stesso tempo più difficili da mettere a tema e sottoporre a critica. Facile perché, sia sulla carta stampata che nei servizi televisivi, quando si parla di droghe di norma si ricorre ad immagine fortemente stereotipate, immagini stock, che spesso non sembrano avere né spazio né tempo. Vista una, viste tutte. Difficile perché, dietro questa apparente indifferenziazione dei corredi iconografici, in realtà si celano scelte valoriali e ideologie precise, una logica ferrea che vede nelle droghe, in ogni droga, un severo pericolo per la società e dietro ad ogni assuntore un drogato e/o un tossicodipendente.Poco importa che nel dibattito sociale, politico e scientifico, sulla scorta di una notevole e inedita diffusione di sostanze psicoattive tra la popolazione, si parli sempre più spesso di normalizzazione del fenomeno e di momento storico post proibizionista: nelle redazioni, il richiamo che esercita una siringa piantata in un albero (o palo, o panchina, basta che sia piantata) è davvero troppo forte per essere evitato.
La retorica visiva sostitutiva. I motivi che spingono ad una siffatta reazione pavloviana sono molti: per alcune testate quella “pera” conficcata nel legno esprime al meglio l’aggressione alla società, l’arrogante orgoglio di un drogato che pianta lo strumento della sua devianza nel corpo vivo dell’arredo urbano della città; per altri rappresenta un totem che indica e marca la presenza di una tribù particolare, i tossici; per altri ancora, quella siringa in realtà segnala una muta richiesta di aiuto avanzata da una parte fragile della comunità. Insomma, qualunque sia l’appartenenza politica e/o culturale, una bella siringa sembra dire e sintetizzare moltissimo. Purtroppo, il fotografo non è presente quando avviene il fatto e quindi, come dice Boltanski, quella immagine rappresenta una retorica visiva sostitutiva1: non sapremo mai se, chi ha piantato la siringa sull’albero, magari intendeva, in mancanza di un cestino, evitare di abbandonare un ago a terra. Una fotografia della tipologia appena descritta, ha il pregio di “conferire immediata riconoscibilità alle tipologie di notizie in pagina”2, per cui il lettore, nel vedere l’immagine di una siringa da insulina su un albero, non penserà certamente a un diabetico ma comprenderà che l’articolo parla di droga.
La scarsa tematizzazione giornalistica. Un ulteriore elemento di difficoltà riscontrato nell’analisi risiede nelle caratteristiche intrinseche del tema, che raramente vive momenti di intensa tematizzazione giornalistica, come accade, al contrario, su temi come l’immigrazione o i Rom. Se le droghe compaiono sulla stampa, di solito è per: a) motivi di cronaca; b) perché è entrata in agenda parlamentare una proposta di modifica della legislazione vigente; c) per il coinvolgimento nel tema di personaggi pubblici, in particolare dello spettacolo. Nel primo caso le immagini più frequenti sono quelle che ritraggono le diverse forze dell’ordine, i cani antidroga, le sostanze sequestrate; nel secondo caso fanno la parte del leone i ritratti dei protagonisti politici; nel terzo caso, ambientazioni glamour e ritratti dei personaggi dello star system. Più o meno lo stesso accade in televisione, in particolare nei servizi dei telegiornali.

Le due “metafore”. Partendo da queste considerazioni e dunque per evitare una noiosa e ripetitiva trattazione, in questa prima fase si è scelto di adottare due metafore che, a nostro giudizio, dicono molto sul binomio droghe/immagini giornalistiche. La prima riguarda i settimanali e i mensili, dove una legge ferrea sembra prescrivere che il tema droga deve trovare, almeno in copertina, volti e corpi di donne. La seconda metafora riguarda l’adozione, da parte della maggioranza del nostro giornalismo, della logica della “War on drugs”, aderendo spesso in modo acritico a quanto dettato dai governi, in particolare statunitense, in materia di stupefacenti; in tale secondo blocco vengono analizzati i contributi fotografici agli articoli inerenti aspetti cruciali delle policies sulle droghe, dal narcotraffico alla scuola, dai luoghi di spaccio alle vittime.

Un terzo contributo riguarda un esempio virtuoso di tematizzazione fotogiornalistica delle droghe: il numero monografico Drugs della rivista “Colors”. I servizi della televisione vengono utilizzati per indicare come i drogati vengono rappresentati, troppo spesso, secondo una logica di classe: più si è poveri o emarginati, meno si ha rispetto. Infine, viene presentata una rassegna delle campagne nazionali del governo italiano sul tema.
1 L. Boltanski, La rhétorique de la figure, in P. Bourdieu, Un art moyen. Essai sul les usages sociaux de la photographie, Paris, Minuit, 1965.
2 A. Pogliano, Le immagini delle notizie, sociologia del fotogiornalismo, Milano, Edizioni Unicopli, 2009, pag. 194.