di Claudio Cippitelli
Una fotografia può avere significati diversi. Può rappresentare, cioè far riferimento a qualcuno o qualcosa; può denotare, cioè rimandare a un contesto; infine può assurgere a simbolo, a icona di un’epoca, di un avvenimento, di un fatto storico. Non è più solo “immagine”, “effige”, “ritratto”, “rappresentazione figurata”, “statua”, bensì anche “comparazione”, “similitudine” e addirittura “rappresentazione”, “idea”. (cfr Enrico Morresi, L’onore della cronaca. Diritto all’informazione e rispetto delle persone, Edizioni Casagrande, Bellinzona, 2008, pag.199.)
Quando nel 2009 il Daily Mirror pubblica alcuni scatti rubati a Kate Moss intenta a preparare ed assumere cocaina, accade, a livello societario, una nuova e diversa risignificazione dell’atto del consumo di droghe, in particolare della cocaina.
Non più scenari da periferia urbana, abitati da emarginati, disperati, malati, dipendenti: entra nelle cronache una persona desiderabile, famosa, ricca, ripresa in uno studio di registrazione (non in un parco, in un bagno di un bar, in uno squat) mentre, nell’attendere il fidanzato altrettanto famoso, Pete Doherty leader del gruppo musicale Babyshambles, prepara e consuma cinque piste di cocaina. Quella foto in copertina del popolare tabloid britannico ha di fatto trasformato Kate Moss in una icona di un’epoca, come direbbe Morresi; un’icona in grado di saldare, concettualmente, successo e bellezza con il consumo di una sostanza psicotropa illegale, la cocaina, spazzando via tutta la semantica di norma legata alla droga. Buco, tunnel, malattia, morte, marginalità, scompaiono nell’immaginario di chi osserva “Cocaina Kate” alle prese con la sostanza: è il desiderabile che esplode da quelle immagini, un sentimento che entra in decisa rotta di collisione con quanto tematizzato all’interno degli articoli che fanno da corredo alle immagini. Il testo diviene corredo, invertendo un canone che. Di norma, prevede il contrario, ovvero le immagini come illustrazione del testo. Questa contraddizione tra un’immagine affascinante e un testo spesso ammonitore – contraddizione forse inconscia, forse no – risulta evidente nella riproposizione italiana dello scoop del Daily Mirror, ad opera del settimanale Panorama, nel suo numero del 29 settembre 2005:
In copertina la bellissima modella e l’annuncio della pubblicazione all’interno di “tutte le foto di Kate Moss mentre si droga”; nel titolo, oltre l’uso di un termine della moda, pret-a-porter, l’annuncio che la cocaina, visti i prezzi che scendono sino a 12 euro la dose, non è più appannaggio solo del mondo delle very important person.
Questa copertina, che appare come una fantastica pubblicità a una sostanza e uno stile di vita che la prevede, dovrebbe introdurre un inserto in grado allertare l’opinione pubblica su un fenomeno di consumo in rapida espansione. Il primo articolo usa come titolo un’allusione: “Vivere sopra le righe” e, dopo aver riassunto la vicenda, fa parlare gli “esperti” (tra i quali lo scrivente). Una sequenza di frammenti di pensiero, a volte in evidente contraddizione tra loro, corredata da un box sui numeri del consumo di coca in Italia e dall’annuncio che presto il tema verrà affrontato da Enrico Mentana nel format televisivo Matrix.
Il secondo articolo, tanto per cambiare stile allusivo, è titolato “Tutti in Pista”. Il sottotitolo recita: “Nascosta nel tovagliolo del ristorante top, incollata sotto il tavolo dei privè. Infilata nel collare del cane della diva tv e nel vasetto del fard di modelle e attrici. Come e dove i consumatori eccellenti si procacciano la cocaina”. Non sappiamo quanti acquirenti del settimanale abbiano letto l’articolo, ma si può ipotizzare che a pochi sia sfuggita l’immagine di una Kate in tubino di raso chiaro, un clone di Kim Basinger in 9 settimane e 1\2:
Nell’articolo si avanza l’ipotesi che grandi firme della moda e grandi brand siano incerti se annullare o meno i rapporti in essere che vedono la modella come testimonial (Dior, Rimmel), mentre alcuni sembrano aver già rescisso il contratto (H&M, Ikea abbigliamento, Burberry, Chanel). Oggi, sappiamo com’è andata a finire la storia. Kate, al contrario di molti altri personaggi del jet set che si sono sperticati in abiure e pentimenti, oggi è considerata tutt’altro che una “drogata” da evitare, tanto che nel 2011 posa per il Calendario Pirelli e disegna gioielli per Fred, marchio del gruppo LVMH, il gioielliere che fornisce la collana di rubini indossata da Julia Roberts in Pretty Woman.
Droghe e genere. Sin qui la vicenda di Kate Moss. In verità, la vicenda che ha coinvolto la modella, disvela qualcosa di profondamente inquietante sulla rappresentazione che forniscono i media delle donne, la loro immagine e le droghe. Specchio di questo ambiguo atteggiamento è fornito dalle copertine o dalle foto a corredo della gran parte degli articoli sulle sostanze stupefacenti. Va ricordato che le donne sono coinvolte nei consumi di sostanze psicotrope in misura assolutamente minore degli uomini. Ecco i dati riportati a pagina 17 nell’ultima Relazione al Parlamento del Dipartimento Politiche Antidroga, relative al consumo di droghe (prevalenza %) nella popolazione generale 15-64 anni, anno 2012:
cocaina uomini 1,01 donne 0,25
eroina uomini 0,21 donne 0,08
cannabis uomini 5,19 donne 3,00
Eppure, nonostante le donne rappresentino una minoranza nella popolazione di consumatori di droghe, rappresentano, in maggioranza, tale mondo sui magazine.
Prendiamo la cocaina. I dati ci dicono che consuma coca una donna ogni quattro uomini, ma quando si tratta di introdurre il tema del consumo di tale sostanza accade questo:
Dopo la replica all’ italiana dello scoop del Daily Mirror del mese prima, Panorama torna a parlare di cocaina nel suo fascicolo del 20 ottobre del 2005. Il lancio in copertina recita: “Cocaina i nomi circolano nei salotti, nei corridoi tv e negli spogliatoi dello sport: volti noti e professionisti di successo. Li conoscono tutti, ma una strana omertà li copre. Ora, dopo Calissano ed Elkann, la paura cresce. Chi sarà il prossimo?” Appunto, chi sarà il prossimo, al maschile, visto che Calissano e Elkann hanno come nome proprio, rispettivamente, Paolo e Lapo. Allora perché una ragazza in copertina nell’atto di sniffare (tra l’altro con una comunissima banconota da 500 euro), mentre nell’articolo, che parla diffusamente degli ultimi casi di cronaca che coinvolgono esponenti dello sport e dello spettacolo, la foto di Lapo Elkann lo ritrae mentre parla al cellulare?
Un caso? Forse no. La droga, per i magazine, è femmina, di solito una bella donna:
A cavallo tra la fine degli anni’90 e il nuovo millennio, riparte il dibattito sulla legalizzazione della marjiuana e su una nuova possibile regolazione, nazionale e internazionale delle droghe. In Italia il tema viene sollevato dalla stampa e dalla televisione in conseguenza dei dati che indicavano un notevole consumo dei derivati della cannabis tra i giovani e nella popolazione generale, unito ad un aumento dei consumi di cocaina e stimolanti. Anche in questi consumi le donne rappresentavano una minoranza rispetto agli uomini, ma i magazine , al contrario, continuano a usare il corpo femminile; il numero del 2 maggio 2002 di Panorama, come mostrato nelle immagini qui sopra, pubblica una “grande inchiesta” sulla diffusione degli spinelli e sceglie di mettere in copertina Stefania Rocca, nuda, coperta solo da una foglia di canapa. Anche nel corpo dell’articolo, nel riportare le opinioni dei vip, il corredo iconografico è costituito da una foto di Patty Pravo. Sesso, droga e Rock and Roll. Una ulteriore “ inchiesta esclusiva” di Panorama, del 13 agosto 2003 sull’uso degli adolescenti di superalcolici, marjiuana e sesso senza preservativo vede, ancora una volta, come testimonial sulla copertina una ragazza in bikini.
È uno stile che contraddistingue solo Panorama? Certamente no. L’espresso, nel suo fascicolo del 13 agosto 2002 pubblica un servizio sull’allarme avanzato da alcuni scienziati su possibili danni cerebrali causati dal consumo di cannabinoidi: “scienziati da tutto il mondo lanciano l’allarme: la marjiuana brucia il cervello”. Cosa c’è in copertina? Asia Argento, tatuaggi in vista e dito sulle labbra.
Ancora. Tra le droghe illegali, senz’altro l’eroina è quella meno consumata dalle donne, anche se il dato al femminile è in aumento. Vale la pena di riportare gli ultimi dati nazionali. Nella popolazione generale, in percentuale:eroina uomini 0,21 donne 0,08.
Tali dati sono sovrapponibili a quelli del 2008, come si evince dalla Relazione al Parlamento di quell’anno:
“Il consumo nel corso degli ultimi trenta giorni ha coinvolto lo 0,15% della popolazione italiana, mentre per lo 0,1% si è trattato di consumarne frequentemente (10 o più volte negli ultimi trenta giorni). Sensibili differenze si osservano tra la popolazione maschile e femminile, con particolare riferimento al consumo della sostanza almeno una volta nella vita.”(cfr Dipartimento Politiche Antidroga, Relazione annuale al Parlamento sullo stato delle tossicodipendenze in Italia, dati relativi all’anno 2008.)
Eppure, quando si tratta di allertare il Paese sul ritorno dell’uso di oppiacei, in particolare attraverso la modalità “fumata” che coinvolge molti giovani, la scelta operata da L’espresso in merito all’immagine di copertina sembra scontata: una donna.
E ancora. Sull’onda di un forte allarme sociale per i dati che indicano la cocaina in forte aumento nei consumi, tanto nazionali che europei, L’Espresso del 14 aprile 2011 pubblica un servizio, in attualità, dal nome “l’Italia che sniffa”. Il lancio di copertina è “A tutta coca. Ragazzi, camionisti, politici, preti…Rapporti sui nuovi consumatori”. Purtroppo, in copertina non si rintracciano immagini di preti o camionisti, ma ancora una volta un particolare, assai significativo, di un volto femminile.
Ma questa tendenza non compare con il nuovo secolo. Sette, il settimanale del Corriere della Sera, nel n. 29 del 23 luglio 1998, pubblica un’inchiesta dal titolo “Ecstasy? No, inferno…” in cui gran parte del corredo fotografico è costituito da ragazze. I pochi uomini presenti o sono due membri delle forze dell’ordine (un carabiniere e un finanziere) o sono circondati da ragazze. Da notare che il box titolato “Le confessioni di un ecstasyato”, un maschio quindi, è immerso in una foto dove compare una ragazza con il reggipetto in bella vista.
Anche i periodici di divulgazione, destinati ad un pubblico ampio, non sembrano sfuggire alla tendenza sino ad ora illustrata, ovvero alla necessità di introdurre una immagine femminile quando si parla di droghe. Focus è un mensile divulgativo che, come suggerisce il titolo, intendere “mettere a fuoco” il mondo della scienza e l’attualità. Nel suo numero aprile 2002 pubblica un’inchiesta sulle droghe leggere, in particolare cannabinoidi, dal titolo “Tutta la verità sugli spinelli”. Immagine? Labbra rosse, carnose, dischiuse.
GEO, la nuova immagine del mondo, è un mensile di diffusione scientifica in tema di geografia, natura, scienza, storia, antropologia e comportamenti sociali. Destinata alle famiglie ed a un pubblico medio, appartiene al gruppo Arnoldo Mondadori SPA. Nel numero 34 dell’ottobre 2008 pubblica un dossier titolato “Cocaina/società, Il flagello bianco” che affronta il fenomeno dal punto di vista della diffusione di tale sostanza nel nostro paese, gli effetti, i rischi e i danni della cocaina, la “rete globale” del traffico. Un dossier, a prescindere dall’approccio più o meno condivisibile, con una sua complessità; viene da chiedersi se fosse proprio necessaria l’immagine in copertina che mostra una donna in sottoveste, occhi pesantemente truccati, unghie curate, sguardo significativo, bocca socchiusa, scapigliata il giusto, nell’atto di sniffare? Perché? Anche la frase che accompagna la foto è indicativa: “Cocaina tutto quello che non avete mai saputo”, che ricorda il titolo di un film di Woody Allen sul sesso (“Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso…)
Nel gennaio 2008, il mensile ufficiale della Polizia di Stato pubblica un “primo piano” assai completo sulle nuove tendenze nei consumi di droghe e sulle rotte del traffico illecito di stupefacenti. L’ottimo servizio, corredato di schede di approfondimento sulle sostanze emergenti, grafici sulla diffusione del fenomeno e mappe che illustrano, a livello planetario, la movimentazione delle droghe da parte dei narcotrafficanti, è corredato da opinioni di esperti ed operatori. Quello che sbalordisce, a fronte di un approccio serio e professionale, è ancora una volta la scelta dell’immagine di copertina che non risulta aggiungere nulla in termini di informazione, ma conferma la regola che impone il termine droga sempre associata a icone femminili.
Resta il dubbio se l’unica alternativa al femminile è rappresentata da un teschio. Con piacere, almeno nel caso del numero di maggio 2010 di Focus e del fascicolo del mese di novembre 2014 del mensile ufficiale della Polizia di Stato, Polizia Moderna, tale regola ha le sue eccezioni: infatti, ambedue le pubblicazioni, nel pubblicare servizi sulle droghe sintetiche, scelgono una copertina che può piacere o meno, ma non espone alcun corpo femminile. Evviva.
Abbiamo sinora parlato, e illustrato, il rapporto tra le riviste, le loro copertine, le droghe e il genere. In questa sede non è stato preso in considerazione tale rapporto nella stampa quotidiana, che è oggetto di tematizzazione in altri capitoli. Si può dire, però, che i quotidiani non si comportano in modo difforme da quanto evidenziato sinora. Solo a titolo di esempio, ecco la scelta dell’immagine fatta da La Repubblica di venerdì 14 luglio 2006, a compendio di un articolo su cocaina, cannabis e il boom di consumatori.
A fronte di una sovraesposizione, quando si parla di droghe, delle donne in copertina, pochissimo viene indagato nel merito, ovvero delle differenze che esistono nel consumo di sostanze psicotrope tra uomini e donne. La forbice che vedeva le ragazze in numero assolutamente minore rispetto ai loro coetanei maschi nell’assumere droghe, si va progressivamente restringendo (si veda, tra le altre, la ricerca Espad, ndr). Anche se il mondo femminile esordisce più tardi nei consumi, oggi rappresentano una percentuale assai significativa dei consumatori e dei dipendenti da sostanze psicotrope illegali e legali.
Nonostante ciò, le donne accedono ai servizi di cura, pubblici e del privato sociale, in misura residuale. Come possono confermare gli operatori dei servizi appena citati, tale questione rappresenta un tema importante, come quello, più generale delle differenze tra i due sessi rispetto ai consumi di droghe. In una recente ricerca condotta tra i consumatori di sostanze psicotrope intervistati in contesti di loisir notturno, si può leggere:
Come abbiamo visto, in base alle percezioni prevalenti nel nostro collettivo, gli uomini cominciano prima e consumano con più frequenza, spesso con modalità più rischiose, ricercando un potenziamento delle proprie capacità performanti, procurandosi le sostanze in prima persona e assumendole in luoghi e contesti diversi. Le donne, al contrario, cominciano dopo, mostrano più autocontrollo nel consumo, prediligono le sostanze più leggere e gli eccitanti, ricercano la disinibizione e la socializzazione come mezzi per il superamento di stati di malessere e tendono a consumare le sostanze, per lo più procurate da altri, in contesti ristretti o di coppia e in luoghi privati ed intimi” (da C. Cippitelli, L.Giacomello, PP. Inserra e G. Serughetti, Consumatori di normalità, giovani e droghe al tempo della crisi, Iacobelli Editore, Roma, 2013, p. 64.)
Nonostante quanto evidenziato dalla ricerca sopracitata, che descrive un mondo femminile generalmente più accorto nell’uso delle droghe rispetto ai maschi, le copertine scelgono proprio le donne come testimonial di eccessi e di nuovi trend. Resta il sospetto che la stampa periodica sia ancorata, ancora in modo robusto, al vecchio slogan “sex, drugs and rock and roll” riservando la parte del “sex” alle donne