di Claudio Cippitelli
L’esempio più evidente che un’altra comunicazione sulle droghe è possibile è il numero monografico n. 62, autunno 2004, della rivista “Colors” è. Ed è possibile a iniziare dalla copertina, ideata proprio per comunicare la normalità del fenomeno del consumo di sostanze psicotrope all’interno della società occidentale. L’immagine che apre la pubblicazione, una valigetta fotografata ai raggi x, rimanda immediatamente l’idea che le droghe non riguardano solo i giovani (niente zainetti, una 24 ore), che esse siano tutt’altro che sostanze usate da nicchie di devianti e che consumi e dipendenza riguardino nello stesso modo “prodotti” legali ed illegali, psicoattivi o meno. I raggi x, infatti, disvelano un contenuto fatto di prodotti artigianali (spinelli preparati) e industriali (pacchetto di sigarette); siringhe utili per iniettarsi eroina e ketamina, ma anche antibiotici e antinfiammatori; flaconi e blister di pasticche (anfetamine? aspirina?), bustine che potrebbero contenere tisane come marijuana. E ancora: una bottiglia (vino? Grappa? Acqua minerale?), un cellulare, una macchina fotografica, delle penne: ovvero la dipendenza da alcol, dalla società permanente connessa, dal lavoro e dalle professioni.
“Colors”, rivista bilingue pubblicata in Italia nella nostra lingua e in inglese, si definisce “una rivista che parla del resto del mondo” e lo fa con una parte testuale in perfetto equilibrio con un corredo iconografico composto di foto, disegni, schemi. Drugs apre con l’illustrazione di quattro campi coltivati, quattro foto che ritraggono una vegetazione, un cielo e basta.
Ma la forza delle immagini, dove le droghe (marijuana e oppio) e le merci (caffè e tabacco) risultano indistinguibili, rappresentano la prima, grande lezione impartita da Colors: siamo noi a fare di alcune foglie e fiori delle droghe e di altre delle merci, non è un dato di natura ma una precisa scelta politica ed economica; una scelta, inoltre, che muta con il mutare delle culture e con il trascorrere del tempo.
Nel testo di Wolfgang Kaehler si legge:
“Il fatto è che il consumo di sostanze – in modo più o meno consapevole – ha ormai invaso la nostra vita. (…) Nessuno di noi può sottrarsi alla loro influenza e all’onda d’urto di tutte le realtà che ruotano intorno, in grado di creare miserie ed enormi ricchezze, far girare l’economia su piccola e grande scala, finanziare e provocare guerre, allungare e accorciare vite (sia direttamente che indirettamente) e dettare le politiche dei governi.”
La rivista, per illustrare bene il concetto appena esposto, utilizza uno schema che riassume le abitudini di consumo in diversi paesi: in Turchia si fuma molto tabacco (43% della popolazione), l’Islanda è la patria degli antidepressivi, l’Australia si distingue per consumo di ecstasy e l’Iran per l’Oppio. Il 2,6% degli statunitensi consuma cocaina, il 29,5% della popolazione della Papua Nuova Guinea si fa le canne.
Noi italiani ci confermiamo grandi bevitori di vino (53,4%), ma non quanto i lussemburghesi (64%). Nei Paesi Bassi non debbono avere problemi di sonno, visto che in media consumano, a testa, 9,2 chili di caffè, circa 644 tazzine.
La monografia prosegue con una inchiesta su un microcosmo rappresentato da una palazzina a Delhi, per scoprire l’importanza dei farmaci nella vita di ogni giorno e una rassegna mondiale sui rimedi utili alle disfunzioni sessuali.
“Colors” continua con pagine dedicate al caffè, alle piante sacre, alle ville sfarzose dei narcotrafficanti nell’età d’oro del traffico di marijuana. Un servizio mette a tema le “Pillole magiche” (steroidi, dimagranti), il tabacco, gli integratori alimentari. Karlo Pastrovic cura un articolo sulle industrie dei farmaci ed in particolare sul complesso processo che porta all’individuazione del nome commerciale delle medicine, che deve essere uguale in ogni paese; Lo sviluppo di un nome (di un farmaco, ndr) diventa praticamente uno sviluppo linguistico.” Solo per fare un esempio, il Viagra che nel linguaggio comune è andato ben oltre dall’indicare semplicemente un farmaco. Verso la fine del fascicolo vengono messi a tema gli aspetti più duri legati al consumo e al traffico degli stupefacenti.
Il reportage. Il fotografo Mattia Zoppellaro cura “Sogni d’oro”, un reportage dalle città italiane alla ricerca della “gente cotta in pieno giorno, che smaltiva gli eccessi fra le braccia di morfeo.” I protagonisti del servizio sono giovani raver, e tra essi alcuni punkabbestia, come vengono definiti ragazze e ragazzi che seguono gli eventi techno, abbigliati secondo lo stilema punk e accompagnati da uno o più cani.
Zoppellaro propone fotografie rispettose, a tratti tenere, sonni e sogni che possono prevedere o meno l’uso di droghe: si dorme a terra, tra bottigliette e bicchieri di plastica, ma non compaiono tracce ammiccanti di siringhe. Le didascalie indicano l’ora, i luoghi (Arezzo, Bologna, Milano) e le sostanze che, presumibilmente, hanno causano o facilitato il sonno: hashish, alcol, sostanza ignota.
La droga e i conflitti. Dopo un servizio su una struttura di recupero thailandese collocata in un monastero buddista, un articolo di Guy Martin si occupa di ricordare al lettore che non esiste conflitto moderno che non prevede un coinvolgimento delle droghe: “Spesso gira tutto intorno alla droga: si combatte per controllare o fermare il traffico; indirettamente, serve a finanziare i conflitti, e le giovani reclute ne hanno bisogno per farsi coraggio”. Le foto, di diversi autori, ritraggono elicotteri della polizia colombiana, soldati dell’esercito personale del re dell’eroina birmano Khun Sa, bambini in armi congolesi, combattenti afgani e della Liberia: “La droga si nutre della guerra, come una remora sul dorso di uno squalo”.
Concludono Drugs due servizi. Il primo, di Janis Lazda e Anna Weinberg, è sulla regolazione internazionale delle droghe e i diversi approcci dei governi verso i consumatori e gli spacciatori:
“A seconda del paese, le operazioni antidroga possono prendere di mira la produzione o accanirsi su trafficanti e consumatori. Da una frontiera all’altra, se ti fai trovare in possesso di droga puoi rischiare una bella sgridata…o la pena di morte”.
Su una carta del pianeta vengono illustrate le misure vigenti nei diversi stati per la detenzione di 20 grammi di marijuana, dalla depenalizzazione del Portogallo, Croazia e Colombia, all’ergastolo comminato nelle Maldive o le frustate (da una a settanta) previste in Iran.Le immagini riguardano scene di sequestri e roghi di droghe, una foto segnaletica di un uomo condannato a morte a Bangkok e l’arresto di una donna in Cina, successivamente giustiziata con pubblica esecuzione.
La foto che conclude l’articolo ritrae tre cittadini iraniani impiccati a delle gru: un autentico pugno allo stomaco del lettore, che viene chiamato a interrogarsi sull’insensatezza e la crudeltà non solo di tali misure estreme, ma più in generale sulla repressione e l’attuale regolazione internazionale delle droghe, causa primaria di guerre e lutti infiniti.
Il secondo articolo a conclusione della rivista, mette a tema un anno particolarmente significativo per le questioni affrontate nel numero 62 di “Colors”. Nel 1943, infatti, viene messa in produzione la Pennicilina, il primo antibiotico della storia, farmaco che, con un conflitto mondiale in corso, salvò milioni di persone e cambiò la storia.
Lsd. Sempre nella primavera del ’43, Albert Hofmann, sintetizza di nuovo l’LSD-25 (che aveva già sintetizzato negli anni ’30 senza trovarne impiego pratico) e ne ingerisce una micro dose:
“La scoperta di Hofmann non salvò la vita a nessuno – e a differenza di Fleming e Chain, non gli valse il Nobel – ma i suoi effetti sulla coscienza sono stati, nel bene e nel male, portentosi, miracolosi, magici”.
Come è noto, quella sperimentazione su se stesso di Hofmann rappresenta l’esordio della cultura lisergica: nella seconda metà degli anni ’50 intellettuali nordamericani del calibro di Aldous Huxley, Timothy Leary e Allen Ginsberg sperimentano l’LSD. Oggi, calato il furore proibizionista, si affacciano nuove sperimentazioni e nuovi usi medici della Dietilamide dell’Acido Lisergico, come riporta un recentissimo articolo sulla ripresa nelle università statunitensi delle terapie con allucinogeni, comparso sul numero 1101 del 8/14 maggio 2015 di Internazionale.