Roma, agosto 2008 - Centro di accoglienza per donne che hanno subito violenze domestiche
©SimonaGhizzoni/contrasto

GENERE

di Andrea Pogliano

La questione del genere è considerata centrale negli studi culturali e negli studi sui media, perché è una di quelle categorie della differenza che costruiscono differenze (insieme a etnia, nazione, classe, ecc.). Esse fanno da perno alle narrazioni ideologiche, intendendo l’ideologia in senso ampio, seguendo la proposta sviluppata negli anni da Teun van Dijk. L’articolazione narrativa delle differenze di genere crea e ricrea continuamente i confini simbolici per mezzo dei quali una società rappresenta se stessa, costruisce e ricostruisce precetti morali, sviluppa modelli di riferimento. Le immagini giocano senza alcun dubbio un ruolo centrale in questa produzione narrativa e questo ruolo è andato crescendo al crescere dell’importanza che hanno assunto le industrie visuali: dal legame tra fotografia, rotocalchi, pubblicità, all’importanza del cinema e della televisione, alle banche immagini digitali, fino ai social media e al ruolo crescente che le immagini hanno conquistato in questi nuovi luoghi virtuali di scambi comunicativi.

La ricerca sulle rappresentazioni di genere che dà valore alle immagini si è tradizionalmente concentrata sulle rappresentazioni delle donne nell’ambito della pubblicità, dell’arte o del cinema. Quando l’attenzione è stata portata sul giornalismo, invece, la questione delle immagini è rimasta spesso in ombra, dal momento che al centro dei lavori di ricerca (spesso condotti da studiose femministe) c’era spesso la questione dell’ideologia patriarcale e delle sue nuove configurazioni. Oggetto e strumento per quel tipo di analisi, più che immagini e analisi del framing, sono il discorso e l’analisi del discorso, in primo luogo condotta su un corpus di articoli d’opinione.Un caso interessante e innovativo nel panorama italiano fu l’uscita di Men’s Help di Federico Boni, che prendeva in esame le riviste maschili in ottica di “supporto” alla costruzione dell’identità culturale di genere.

Qui proponiamo un’analisi legata alle immagini della diversità di genere nel giornalismo. Abbiamo deciso di cominciare con uno studio sulle recenti rappresentazioni dei femminicidi nei telegiornali italiani. Come si vedrà leggendo l’analisi, la scelta di questo tema, oltre a essere interessante in sé, visto il carattere di novità che esso ha avuto negli ultimi due anni in Italia, assume un ulteriore interesse nel momento in cui i racconti dei femminicidi vengono rimessi in contesto, incrociando la categoria del genere con l’altra grande categoria contemporanea della differenza: l’etnia.
Questo confronto permette di sviluppare proficuamente sia la questione del framing giornalistico, sia quella dell’uso di immagini differenziate per rafforzare frame differenti. Detto in parole semplici, dall’analisi dei telegiornali si vede chiaramente come vengano costantemente usate tipologie di immagini diverse nel raccontare le violenze domestiche che riguardano autoctoni e quelle che riguardano immigrati, nonostante le storie appartengano potenzialmente allo stesso tema: quello della violenza sulle donne.

I pacchetti mediali. Lo studio dei casi di femminicidio nei telegiornali permette persino di vedere i rapporti cruciali che intercorrono tra gruppi della società civile che premono per la tematizzazione mediatica, selezione delle notizie da parte dei media e uso delle immagini per impacchettare i frame. In pratica, permette di leggere con profitto i meccanismi che portano alle costruzioni di immaginari culturali forti: fare cultura facendo giornalismo. Sotto la pretesa, cioè, di limitarsi a “dare informazioni”, con maggiore o minore accuratezza, o al limite di “interpretare” in modo argomentato la società e le sue novità, in modo più o meno partigiano, ma sempre negando il ruolo cruciale che ha il giornalismo, quello visivo in particolare, nel farsi promotore di frame culturali, consolidandoli e estendendone la portata.

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