di Raffaella Cosentino
La ‘nuova era’ delle immagini non convenzionali si apre con le rivoluzioni della primavera araba nel 2011 e continua in Europa, mostrando all’opinione pubblica la cosiddetta “accoglienza”
La disumanizzazione. Questo servizio è un’esclusiva dell’inviato del Tg2 Valerio Cataldi e ha fatto scalpore, diventando noto come il video delle “docce antiscabbia”. È stato trasmesso per la prima volta il 16 dicembre 2013 nell’edizione delle 20.30. E’ stato rilanciato dalle successive edizioni del Telegiornale Rai e da tantissime altre testate televisive, online e cartacee sia nazionali, sia internazionali, tanto che queste immagini sono diventate “virali”. Nel 2014 Cataldi ha vinto una menzione speciale al Premio Ilaria Alpi con la motivazione che “ha documentato con freddezza chirurgica un momento di terrificante follia nel centro per gli immigrati di Lampedusa”. Probabilmente però la forza di questo video sta nella straordinaria capacità di mostrare la quotidiana disumanizzazione dei migranti all’interno del sistema di accoglienza italiano, più che un singolo momento di “follia”. Le “docce” per la disinfestazione sono possibili solo all’interno di un sistema che non riconosce dignità al migrante e ogni giorno sposta un po’ più in avanti l’asticella dell’umanamente tollerabile, fino alla riduzione dell’uomo in non uomo, in bestia.
È il meccanismo del razzismo democratico. Ed è proprio questo aspetto ad essere sottolineato fin dai primi istanti del video. A parlare, mentre scorrono le immagini shock, senza cappelli introduttivi, è proprio il giovane superstite siriano autore del video, a cui il giornalista ha prestato il suo smartphone per effettuare la registrazione audio-video. “Tutte le persone sono senza vestiti come animali, guarda” dice il ragazzo. Ciò che evocano nella mente di tutti quelle scene è reso esplicito dal giornalista:
“Come animali, in fila, nudi, uno dietro l’altro, in pieno inverno, è la disinfestazione da scabbia a cui vengono sottoposti i migranti, malattia che nessuno aveva quando è arrivato a Lampedusa – dice Cataldi - Immagini che ricordano campi di concentramento…gli operatori governano la fila con disinvoltura….è come se il limite del trattamento disumano fosse stato superato da tempo e nessuno se ne fosse accorto”.
Privati della libertà. Il pathos del racconto si accresce con il legame fra questi momenti e le quasi 400 bare che sono rimaste nella memoria collettiva e vengono opportunamente richiamate nel testo del servizio. “Due mesi fa i naufragi del 3 e dell’11 ottobre un’ecatombe – ricorda il giornalista- sono passati 74 giorni e nel centro di accoglienza di Lampedusa questo è il trattamento che subiscono i migranti”. Sono immagini che fanno indignare il mondo, per la fredda disumanità che trasmettono, per il dispotismo a cui sono sottoposti i superstiti dei naufragi, rimasti sull’isola in una condizione di trattenimento ‘de facto’.
Quello di Lampedusa è un Cspa, cioè centro di soccorso e prima accoglienza. Il Cpsa non è per legge una struttura di detenzione e i migranti devono essere trasferiti nel più breve tempo possibile perché il centro serve solo per le prime cure e per rifocillare i naufraghi. I CPSA sono strutture istituite nel 2006 al fine di garantire immediato soccorso e prima accoglienza agli stranieri appena giunti in Italia e prima di un loro trasferimento presso gli altri Centri presenti presso gli altri Centri presenti (CDA o CARA o CIE)in base alle caratteristiche giuridiche del singolo migrante.
“In tali strutture gli stranieri dovrebbero essere trattenuti per un periodo non superiore a 48 ore, il tempo necessario per assolvere alle attività di soccorso. Nei fatti, tuttavia, non sempre questa tempistica viene rispettata- denuncia il rapporto Lampedusa non è un’isola dell’associazione A buon diritto (2012) - Il Decreto Interministeriale che ha istituito i CPSA, infatti, non dà indicazioni precise riguardo ai tempi e alle modalità di trattenimento degli stranieri”. Il centro di primo soccorso e accoglienza di Lampedusa di contrada Imbriacola e l’ex base Loran nel quale erano trattenuti i minori arrivati sull’isola, durante l’emergenza Nord Africa del 2011 sono diventati luoghi di trattenimento di medio periodo. Ma, a differenza degli altri centri, non c’è stato nessun atto ufficiale e legale a sancire questa prassi di ingiusta e grave limitazione della libertà personale. Questa situazione, come hanno più volte denunciato molte Ong, ha riguardato indistintamente uomini soli, minori soli, famiglie, donne e anche neonati.
Come un lager. L’avvocato Alessandra Ballerini, che è stata a Lampedusa con l’Ong Terre des hommes nel corso del 2011, racconta in un diario la sua esperienza. “Nel Cpsa di Contrada Imbriacola come nel Cie dell’ex base Loran, da quando e’ iniziata la cosiddetta “emergenza profughi” (ordinanze PCM del 5 e 7 aprile 2011), le persone - e tra esse i minori - che approdano sull’isola di Lampedusa vengono private della loro libertà personale per settimane, senza che venga loro notificato alcun provvedimento ed in assenza di convalida giudiziaria. In entrambi i centri è evidente l’inidoneità delle condizioni igienico sanitarie: e, in quello stato, le persone si trovano costrette a vivere per settimane e, talvolta mesi” Anche nel corso del 2013, dopo il naufragio del 3 ottobre, si sono susseguite le denunce giornalistiche e anche politiche sulle condizioni vergognose del centro di contrada Imbriacola. Un centro sovraffollato, con la capienza ridotta da 800 a 250 posti dopo l’incendio del 2011.
Forse una scelta politica per non concentrare sull’isola un numero eccessivo di migranti. Ma la struttura ha continuato a ospitare naufraghi in sovrannumero. Nel 2013 si è toccata la cifra record di 1300 che vuol dire oltre cinque volte i posti disponibili. Questo significava dormire accampati sotto gli alberi anche per settimane. Degli oltre 35mila salvati dal mare nel 2013, almeno seimila erano minori, molti neonati. Save the Children aveva denunciato le condizioni igieniche “disastrose” che i bambini sopravvissuti al naufragio hanno vissuto “in condizioni indecenti all’interno del Cpsa di Lampedusa, in promiscuità con gli adulti e respirando un clima di tensione e disperazione”. Ma solo il video del Tg2 ha il potere di sbloccare la situazione, grazie alla forza di queste immagini.
“Un Centro da chiudere. Un Centro che sembra un lager” cominciano a dire tutti, media e autorità. “Un Centro accoglienza senza i requisiti minimi richiesti in un carcere” sarà il verdetto dei tre commissari inviati dalla Lega cooperativa per il «processo interno» sulla struttura di Lampedusa, gestita dalla Lampedusa Accoglienza del consorzio siciliano Sisifo, aderente alla Lega Coop, su cui si è abbattuto lo scandalo del video-vergogna, fino a che la cooperativa perderà l’appalto della struttura. A seguito del video, il deputato democratico Khalid Chaouki inscenerà a Natale una clamorosa protesta, barricandosi all’interno del centro fino a che la granparte dei migranti non verrà trasferita d’urgenza sulla terraferma e il centro chiuso per molti mesi, fino al primo ottobre 2014, quando riaprirà sotto la gestione della Confederazione delle Misericordie.
Messo a tacere lo scandalo, si ricomincia daccapo.