RELIGIONI

Le conseguenze degli stereotipi religiosi sulla comprensione giornalistica dell’integrazione e delle seconde generazioni

di Andrea Pogliano

Di tante una, raccontata male. Una fotografia di Francesco Cocco che ritrae delle donne eritree cristiane, copte, che pregano in una chiesa in Italia. Le donne portano il velo e sullo sfondo si vedono le icone di Gesù e della Madonna. Di fronte a questa fotografia, molte persone di ogni età e background culturale, intervistate nel corso di una ricerca, tentennano. (ricerca condotta da Andrea Pogliano e studenti- Università del Piemonte Orientale, anno accademico 2011/12 e 2012/13, ndr).
Dicono che sono musulmane, perché portano il velo. Non capiscono però cosa facciano in una chiesa cristiana. Qualcuno si domanda se si stiano convertendo. Nelle interviste di gruppo i dialoghi diventano surreali. E’ una conseguenza evidente delle rappresentazioni dei media. In trent’anni di servizi sull’immigrazione nei settimanali d’attualità italiani infatti le religioni dei migranti non esistono. Sui magazine si contano quattro servizi che provano a dare conto di questa eterogeneità di culti e della grande componente cristiana.

D, La Repubblica delle Donne, 10 novembre 2007
D, La Repubblica delle Donne, 10 novembre 2007

L’Islam prende tutto il banco. E lo prende con una povertà iconografica inquietante, fatta solo di donne col velo, di imam moderati e di imam fondamentalisti e, infine, di uomini in preghiera, perlopiù negli spazi pubblici all’aperto di una sola città: Milano.

Famiglia Cristiana, 11 settembre 2005
Famiglia Cristiana, 11 settembre 2005

Unica religione dei migranti rappresentata, il racconto dell’Islam in pagina mira inoltre a colonizzare al suo interno un mondo estremamente eterogeneo, rendendolo uniforme. Che siano immigrati dal Marocco o dal Pakistan, poco conta: si parla di due soli modi di essere musulmani. O si è moderati o si è fondamentalisti. Questa micidiale riduzione della complessità si accorda bene con i discorsi internazionali della guerra al terrore e finisce col risultare credibile.
Per affrontare la questione delle religioni così come sono state raccontate dal giornalismo era pertanto inevitabile partire dall’Islam. In particolare, il tema scelto è stato quello delle violenze domestiche nelle famiglie di immigrati musulmani, sviluppate a partire dall’omicidio di Hina Saleem nel 2009. Il tema, se messo nel contesto più generale delle rappresentazioni dell’Islam, offre degli spunti stimolanti che dallo stereotipo religioso-culturale portano alla questione dell’integrazione e delle seconde generazioni. Inoltre, il tema offre la possibilità di vedere come gli stereotipi visivi collegati alla “cultura musulmana” e altri collegati alla “cultura italiana” diventino costitutivi di un discorso sull’integrazione possibile o impossibile.

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