La scelta di Catia

L’operazione Mare Nostrum

di Raffaella Cosentino

Il volto umano della Marina Militare. L’immigrazione non è solitamente un tema da prima serata televisiva. In questo caso lo stile del racconto risulta particolarmente adatto al prime time tv perché La scelta di Catia vive la storia della crisi umanitaria nel Canale di Sicilia dal punto di vista dell’Italia. In particolare attraverso gli occhi e le parole di Catia Pellegrino, comandante donna di una nave militare impegnata per un anno nei soccorsi, la nave “Libra”.

La scelta di Catia
La scelta di Catia

Il fatto che il comandante sia una donna, alla guida di un equipaggio sostanzialmente maschile, aggiunge ulteriore pathos, cioè amplifica il cosiddetto “volto umano” delle forze militari. La Marina che soccorre in mare ha il viso buono, pulito e gentile del comandante Catia Pellegrino. Le riprese descrivono dettagliatamente la vita a bordo e le operazioni di salvataggio, andando a cogliere sempre le emozioni dei marinai italiani, come la nostalgia per la protratta lontananza da casa e dalle famiglie. Questo lavoro non va sottovalutato, perché permette di aprire uno squarcio su ciò che succede nel traffico di migranti e vedere immagini straordinarie come la scena in cui uno scafista frusta i migranti a bordo prima dell’intervento dei “nostri”.

La Scelta di Catia
La scelta di Catia

Giornalismo embedded, al seguito dei militari. A un certo punto il comandante Pellegrino racconta che la forte motivazione di riuscire a salvare tutti viene da un episodio, un naufragio in cui sono morte tante persone. In quel caso la nave Libra è arrivata in ritardo e ha solo potuto inviare un elicottero che ha lanciato in mare dei salvagenti dopo che la nave era già colata a picco.Le immagini di questa scena di soccorso, precedenti all’arrivo a bordo della troupe cinematografica, sono state girate dall’elicottero della Marina. Sono inedite e di grande impatto. Mostrano gli istanti successivi di un naufragio che è stato al centro di un caso internazionale. Questo è uno dei passaggi del documentario che risente della dimensione “embedded” in cui è stato girato. Il naufragio di cui parla Catia Pellegrino è infatti quello dell’11 ottobre 2013, avvenuto nelle acque fra Malta e l’Italia e costato la vita a oltre 250 persone, fra cui moltissimi bambini.

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L’inchiesta de L’Espresso rivelava che l’Italia è stata corresponsabile del naufragio e che questa responsabilità era stata occultata, in un momento molto delicato in termini di consenso e opinione pubblica, perché è avvenuto appena una settimana dopo i 366 morti di Lampedusa. Ma, questa volta, a molte miglia di distanza dall’Italia. Secondo la ricostruzione del settimanale, i soccorsi sono stati ritardati di molte ore, in un rimpallo di responsabilità fra Malta e l’Italia. Nel frattempo l’imbarcazione, carica di siriani, fra cui molti bambini, è colata a picco. L’unità che non è stata allertata per l’intervento era proprio nave Libra, che si trovava a poca distanza di navigazione ma è arrivata troppo tardi. Nel documentario non c’è traccia di queste informazioni quando si parla del naufragio. Tutto considerato, La scelta di Catia sembra assumere il ruolo di una sorta di espiazione collettiva. Nella puntata che racconta l’ultimo giorno di comando, l’addio a nave Libra, il comandante Catia Pellegrino dice: «salvare tanti migranti ha salvato anche noi». Una frase a suggello di tutta l’operazione Mare Nostrum che nacque proprio sull’onda dell’emozione per i 366 morti di Lampedusa, annegati e affondati a pochissima distanza dalla terraferma.Al di là di questa narrazione documentaristica, il modo in cui i media hanno affrontato in generale il tema di Mare Nostrum è, dicevamo, quello dei “numeri”

Corriere della Sera del 22 aprile 2014
Corriere della Sera del 22 aprile 2014. I

I giornali danno i numeri. Il Corriere della Sera del 22 aprile 2014 pubblica in prima pagina questa foto di Stefano Guindani/SGP Italia da una nave dell’operazione Mare Nostrum. L’iconografia dei migranti è solo leggermente diversa da quella standard. Seppure al centro della scena c’è un bimbo, i naufraghi sono ammassati sulla nave ad aspettare. Il titolo “Nuovi sbarchi, l’Italia non ha più risorse” focalizza il tema dei ‘numeri’ che sono di due tipi. Da un lato le cifre che costano i soccorsi, rilanciate dall’occhiello: “servono 9 milioni al mese”. Dall’altro i numeri degli arrivi, che crescono di giorno in giorno, con cui inizia l’articolo:

“Sono 21,728 i migranti approdati in Italia fino a ieri”. (Corriere della Sera 22 aprile 2014)

L’altro focus in prima pagina è sulle violenze subite dalle donne per mano dei trafficanti: “Un’odissea di 8 mesi, una sorella stuprata.
 I racconti dei migranti”.

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Corriere della Sera 22 aprile 2014

La narrazione dell’operazione si svolge dunque tutta per cifre.

“Ogni giorno arrivano a centinaia, dall’inizio dell’anno ne sono già stati salvati la metà di tutto il 2013”. (Corriere della Sera 22 aprile 2014)

La prima infografica in alto ci fa “vedere” questi dati ben in evidenza, mettendo insieme i numeri degli sbarcati, le nazionalità e i costi dell’operazione. “Usano mezzi di fortuna, alcuni fanno soltanto una prima parte del viaggio e poi chiedono soccorso consapevoli che una nave andrà a prenderli nel più breve tempo possibile”, continua l’articolo senza specificare che questa è la strategia degli scafisti, non dei migranti stessi.

“Sono 21.728 i migranti approdati in Italia fino a ieri e adesso il governo dovrà decidere che cosa fare. Perché gli stanziamenti per l’operazione «Mare Nostrum» sono finiti, ma sulle coste libiche ci sono centinaia di migliaia di persone in attesa di salpare”
il dispositivo costa circa 300 mila euro al giorno, ben 9 milioni di euro al mese”. (Corriere della Sera 22 aprile 2014)

L’articolo continua su questo tenore: “nelle ultime 24 ore sono stati oltre 800 gli stranieri giunti nel porto di Pozzallo, in provincia di Ragusa, ma 300 hanno lasciato poco dopo il centro «San Pietro» dove erano stati trasferiti. Su quasi 22 mila persone sbarcate nel nostro Paese dall’inizio dell’anno, oltre 20mila sono partite dalla Libia, lì dove si ammassano gli stranieri che risalgono dall’Africa subsahariana”. Anche l’immagine qui in basso racconta lo spirito compassionevole, il buon cuore, dei militari italiani. Ma la didascalia che si affianca torna nuovamente, all’interno dello stesso reportage, a fare la conta: “Sono circa 20 mila i migranti salvati nel Mediterraneo dai mezzi della task force «Mare Nostrum» dal 18 ottobre 2013. La maggior parte degli stranieri sbarcati in Italia quest’anno sono partiti dalla Libia. Soltanto a Pozzallo (Ragusa) in ventiquattro ore tra domenica e ieri sono sbarcati 829 extracomunitari”.

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Il servizio è corredato dalla storia in basso a sinistra che, in base al titolo, è presentata come una vicenda umana e individuale. “La sorella stuprata, poi 8 mesi di viaggio: «Scosse elettriche per salire a bordo»”. Ma subito sotto il titolo una didascalia riprende di nuovo le statistiche e ci informa, tra l’altro che: “decine di migliaia di disperati tentano di arrivare in Italia e poi raggiungere il resto dell’Europa per ricongiungersi con i familiari”. Anche questo secondo testo è tutto concentrato nel dare le cifre, partendo da «Espero», una delle navi della missione «Mare Nostrum» che in sei mesi ha salvato 28 mila naufraghi.

“Su questo stesso ponte la mattina di Pasqua 433 migranti cantano le lodi del Signore. Quasi tutti eritrei e cristiani: 75 donne, quattro incinte, 3 bambini, decine di minori soli, ripescati nel corridoio umanitario garantito dalla missione «Mare Nostrum» in un’area di 71 mila chilometri quadrati dove si muovono 5 navi con 779 militari, elicotteri, gommoni, un drone e altri mezzi, in collaborazione con forze dell’ordine e magistratura (78 gli scafisti arrestati)”. E ancora: “Una straordinaria macchina di sorveglianza e di accoglienza che solo tra il 7 e il 9 aprile ha salvato 6.769 migranti. E a Pasqua e Pasquetta — breve finestra di mare calmo — altre 1.200 persone”. (Corriere della Sera 22 aprile 2014)

L’articolo alterna questi numeri alla raffigurazione del migrante in perenne attesa di cibo. “Baciano la terra uno a uno, rito che rallenta le operazioni di sbarco, l’ultima tratta del viaggio non sarà poi così dura. Troveranno sempre qualcuno che gli darà un paio di scarpe, una caciotta, un frutto”. Oppure: “Quando la chiatta affollata di migranti si stacca da «Espero» per raggiungere il porto di Pozzallo, il popolo dei salvati fa esplodere un applauso di ringraziamento, a Dio e agli uomini, al tè caldo e ai 60 chili di pasta all’olio. Il problema sarà il pane di domani”. Non manca un altro elemento classico del racconto mediatico: l’analogia con Lampedusa, che seppure non presente tra le destinazioni di sbarco della Marina, viene rievocata, sempre associata alla paura. “Qui in Sicilia, che è ormai un’enorme Lampedusa, la gente è spaventata. Si mettono le mani nei capelli: «Come faremo?». Ma poi quando c’è da fare fanno”. La grande differenza è che dall’isola di Lampedusa i migranti non possono andare via autonomamente, mentre dalla Sicilia si. Alla fine del 2014 si calcolerà che centomila sono scappati dall’Italia su centosettantamila sbarcati.Vediamo che, ad esempio, il 9 giugno la stessa testata ripropone questo parallelo fra la piccola e la grande isola, mettendolo in primo piano:

Corriere sella Sera 9 giugno 2014
Corriere sella Sera 9 giugno 2014

“Ormai siamo la seconda Lampedusa e rischiamo di non riprenderci più: per i turisti c’è l’invasione dei migranti e già fioccano le disdette». Il punto di vista da cui si racconta la storia è quello degli abitanti del comune di Pozzallo, in provincia di Ragusa. I numeri riportati nell’articolo, anche in questo caso, vengono evidenziati con le didascalie accanto alla foto in alto a destra. “Se in tutto il 2013 a Pozzallo ne erano arrivati 3.500, oggi siamo già a 11 mila. Noi siamo solidali e accoglienti, ma la situazione non è più gestibile».
Il paradosso è che lo stesso articolo sottolinea come la situazione sia diversa dall’arcipelago pelagico, più vicino all’Africa che all’Europa. “Fortunatamente, ed è la differenza rispetto a Lampedusa, qui il deflusso è molto rapido – si legge - Trasferimenti «regolari» in altri centri, ma anche fughe in massa: i migranti raggiungono la stazione più vicina e prendono il primo treno per il Nord”.
La ripetizione ossessiva dei numeri fa sì che il racconto di Mare Nostrum non riesca a uscire dalla cornice comunicativa dell’invasione che ha sempre connotato il racconto degli sbarchi.
“Appena il mare si calmerà i barconi arriveranno a centinaia: 600 mila persone attendono di salpare, secondo il ministro dell’Interno Angelino Alfano” diceva il Corriere della Sera del 22 aprile. Le fonti citate sono sempre autorevoli e appartenenti alle istituzioni centrali italiane o europee, come nel caso qui sotto, in cui, la stessa testata titola il 15 maggio 2014: “L’agenzia Ue: in Italia sbarchi aumentati dell’823%”.

 Corriere della Sera 15 maggio 2014
Corriere della Sera 15 maggio 2014

Il Corriere dell’8 giugno 2014 ci mostra come linvasione sia anche sinonimo di “guerra tra poveri” per le poche risorse disponibili, secondo quello che è un altro dei cliché sull’immigrazione:

Corriere della Sera 8 giugno 2014
Corriere della Sera 8 giugno 2014

Fuori controllo, il falso mito delle invasioni. Le regioni degli sbarchi sono colorate di rosso, i numeri messi bene in evidenza e la fotografia mostra i migranti in una fila senza soluzione di continuità. Il tono dell’articolo è allarmistico e sottolinea i due aspetti. Oltre ai dati su quanti naufraghi sono effettivamente giunti in Italia, un ruolo centrale è occupato dalle previsioni su quanti “potrebbero” arrivare in poco tempo.

“Sono quasi tutti profughi, tutti bisognosi di assistenza. Sono più di 45mila, entro la fine dell’estate potrebbero diventare 100mila – si legge - Uomini, donne e bambini in cerca di aiuto che approdano sulle nostre coste a ritmi mai registrati prima. Portati sulla terraferma dalle navi dell’operazione «Mare Nostrum» che ormai fanno la spola nel Mediterraneo e ne sbarcano in media 800 al giorno”. (Corriere della sera 8 giugno 2014)

L’uso di parole e frasi di questo tipo:
Il grido di allarme che arriva dai sindaci siciliano non lascia spazio ai dubbi. «Siamo radicalmente fuori controllo, in un dramma disumano”
tende a dividere il mondo in un ‘noi’ e un ‘loro’ e a chiedere, implicitamente o esplicitamente, l’intervento di misure di sicurezza o di repressione. Questa costruzione narrativa può portare a campagne mediatiche che creano allarme sociale ingiustificato, nonché a diffondere stigma su soggetti marginali come i rifugiati. Da questo punto di vista, si rischia di uscire dal campo del giornalismo informativo e favorire una sorta di propaganda, costruendo un “nemico” sulla figura del migrante. Non fa eccezione il racconto proposto da L’Espresso del 17 luglio 2014 che si concentra sugli “invasori” e sui numeri dei costi dell’operazione di soccorso con le navi militari:

La lunga fila di migranti in attesa sembra interminabile ed è l’iconografia classica degli sbarchi portata avanti dai media italiani da decenni, seppure spacciata qui come una novità. “La situazione è senza precedenti di dimensioni bibliche” e siamo davanti a un’onda umana sono i richiami contenuti nel testo dell’articolo che fanno pensare al racconto standard sulle migrazioni che le associa a un fenomeno naturale inarrestabile come le ondate e gli tsunami.

 

 

 

 

 

 

 

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