I Respinti

Il racconto dei respingimenti

di Raffaella Cosentino

Respingimenti dentro l’area Schengen. La copertina l’Espresso del 7 aprile 2011 è dedicata alla chiusura delle frontiere francesi. Il messaggio per il pubblico italiano è chiaro. L’Italia permette l’arrivo dei migranti a Lampedusa, ma gli altri Paesi europei non sono altrettanto “solidali” e li respingono quando cercano di lasciare la penisola alla volta della loro vera meta migratoria.

l’Espresso del 7 aprile 2011
l’Espresso 7 aprile 2011

Ma appena due anni prima l’Italia si era resa colpevole di ben più gravi respingimenti collettivi perché effettuati in alto mare verso la Libia, uno stato che non rispetta la Convenzione di Ginevra e non riconosce il diritto d’asilo. Il 5 maggio 2009 a bordo della motovedetta italiana Bovienzo, che riportò a Tripoli circa 200 naufraghi salvati in alto mare, c’erano anche il giornalista François de Labarre e il fotografo Enrico Dagnino, della rivista francese Paris Match.

Vedi: Fortress Europe - Respinti in Libia. Le foto esclusive

Internazionale

Respingimenti collettivi nel Canale di Sicilia. Questa è una delle fotografie pubblicate dal settimanale Internazionale, tra quelle scattate dal fotografo Enrico Dagnino, che testimoniano il respingimento collettivo di 227 migranti. Si è trattato di azioni illegali svolte in alto mare dalle forze dell’ordine italiane insieme alla polizia libica in attuazione degli accordi fra i due Paesi. Il 23 febbraio 2012 la Corte europea dei diritti dell’uomo a Strasburgo ha sentenziato che, rimandando i migranti verso la Libia, l’Italia ha violato la Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo e in particolare il principio di non refoulement (non respingimento), che proibisce di respingere migranti verso paesi dove possono essere perseguitati o sottoposti a trattamenti inumani o degradanti. La causa si chiamava “Hirsi e altri contro Italia” e riguardava proprio questa prima operazione di respingimento effettuata il 6 maggio 2009, a 35 miglia a sud di Lampedusa, in acque internazionali. Le autorità italiane hanno intercettato una barca con a bordo circa 200 somali ed eritrei, tra cui bambini e donne in stato di gravidanza. Questi migranti sono stati presi a bordo da una nave militare italiana, respinti a Tripoli e riconsegnati, contro la loro volontà, alle autorità libiche. Senza essere identificati, ascoltati né preventivamente informati sulla loro reale destinazione. I migranti erano infatti convinti di essere diretti verso le coste italiane. 11 cittadini somali e 13 cittadini eritrei, rintracciati e assistiti in Libia dal Consiglio italiano per i rifugiati dopo il loro respingimento, hanno presentato un ricorso contro l’Italia alla Corte Europea, attraverso gli avvocati Anton Giulio Lana e Andrea Saccucci, dell’Unione forense per la tutela dei diritti umani. La Corte ha condannato l’Italia per la violazione di 3 principi fondamentali: il divieto di sottoporre a tortura e trattamenti disumani e degradanti (art. 3 CEDU), l’impossibilità di ricorso (art.13 CEDU) e il divieto di espulsioni collettive (art.4 IV Protocollo aggiuntivo CEDU). La Corte ha ricordato che in Libia non c’è protezione per i richiedenti asilo, i quali rischiano di essere rimpatriati nei paesi di origine dove possono essere perseguitati o uccisi.
“Non si è trattato di un mero rischio di subire in Libia trattamenti inumani e degradanti – dichiara l’avvocato Anton Giulio Lana –i ricorrenti hanno effettivamente subito tali trattamenti nei campi di detenzione, come drammaticamente testimoniato dai sopravvissuti”. La maggior parte di essi è stata reclusa per molti mesi nei centri di detenzione libici ove ha subito violenze e abusi di ogni genere.Con il film Mare Chiuso (2012) (Vedi il Trailer) i registi Andrea Segre e Stefano Liberti hanno raccontato i respingimenti in Libia cercando di ribaltare l’immagine di queste operazioni militari.

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Le testimonianze che contrastano la propaganda. “Se prima era una sorta di celebrazione della potenza (siamo riusciti a fermare, a respingere), oggi si è capito che dietro al termine respingimento ci sono lesione dei diritti e violenza - afferma Segre - Adesso è un qualcosa di negativo.” Dopo la guerra in Libia, Segre e Liberti hanno rintracciato nel campo UNHCR di Shousha, in Tunisia, i rifugiati etiopi, eritrei e somali che erano stati precedentemente vittime dei respingimenti italiani. Nel documentario sono loro, infatti, a raccontare in prima persona cosa vuol dire essere respinti. Attraverso le storie delle singole persone, le loro testimonianze dirette, si restituisce dignità ai migranti e si mettono in luce le violazioni commesse dall’Italia ai danni di persone indifese. Il caso sanzionato dalla Corte di Strasburgo non è stato l’unico episodio del genere. Il rapporto “Scacciati e Schiacciati” di Human Rights Watch riporta che “dopo aver intervistato 82 individui respinti forzatamente verso la Libia dalla Marina italiana il 1° luglio, l’Unhcr ha rilasciato un comunicato in cui ha espresso “forte preoccupazione” per la politica dell’Italia. L’Unhcr ha anche riportato di aver raccolto “resoconti sconcertanti” sull’uso della forza, da parte della Marina italiana, nel trasferimento dei migranti dalla nave italiana all’imbarcazione libica, e su come questo abbia comportato il ricovero di sei persone.
Secondo l’avvocato Anton Giulio Lana “questa è una materia che è stata molto strumentalizzata a fini politici e quindi i giornalisti devono fare attenzione a non diventare strumenti di altri che fanno delle politiche ben precise”.

Una testimonianza molto significativa è quella della firma del Corriere della Sera Gian Antonio Stella.

Nel momento di massima durezza nei respingimenti, noi li abbiamo fatti violando le leggi italiane, la Costituzione e tutte le convenzioni internazionali che abbiamo firmato – ha affermato il giornalista davanti a una platea di colleghi - In quel momento, io ho cercato di fare capire cosa voleva dire essere respinti raccontando la storia di un ragazzo italiano respinto a Ellis Island un secolo fa, raccontando che aveva investito tutto. Tutti i suoi sogni erano riposti sull’America. Si uccise per non tornare in Italia…la maggior parte degli italiani è entrata irregolarmente perfino in Svizzera. Raccontare una storia come questa magari è utile, il confronto continuo con la nostra storia credo che funzioni abbastanza…su questo tema i giornali in alcuni anni sono stati molto prudenti, anche perché a scrivere di certi argomenti ti ritrovavi, soprattutto in alcuni giornali, a ricevere un diluvio di lettere insultanti, bastava dire che era un errore, che era illegale fare i respingimenti in quel modo, venivi sommerso di lettere che dicevano: brutto comunista vai a lavorare a Liberazione, brutto bastardo pigliateli in casa tu. Non era facile in alcuni anni fare certi discorsi. Con questo non voglio assolvere alcune disattenzioni colpevoli dei giornali, però c’era un momento in cui a fare certi discorsi perdevi lettori”.

Vedi : Redattore Sociale - I seminari di Roma- Sgombriamoli/ Stella e del Grande

Riammessi in Grecia dai porti dell’Adriatico. Secondo i giuristi dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, l’Italia continua a violare il principio di non refoulement in molti altri casi meno noti, vale a dire nei respingimenti di potenziali richiedenti asilo, ad esempio afghani, dai porti adriatici verso la Grecia, Paese che non offre sufficienti garanzie di rispetto dei diritti umani e dal quale i richiedenti asilo rischiano di essere respinti indietro verso i Paesi d’origine.

 

Riammessi
Riammessi - Paolo Martino, 2013

 

 

 

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