di Raffaella Cosentino
L’odissea dei “disperati” per antonomasia. E’ realizzato con materiale d’archivio che copre un periodo lunghissimo, che va dall’8 agosto 1991 al 20 settembre 2011, cioè dall’arrivo della nave Vlora al porto di Bari fino all’incendio del Centro di soccorso e prima accoglienza di Lampedusa, il servizio messo in onda dal TG2 delle 20.30 del 24 giugno 2013 e riproposto, tre giorni dopo, dalla rubrica Costume e Società. Si tratta di una costruzione visiva che privilegia le scene confuse e indistinte di disordini, dando un chiaro taglio narrativo di scontro fra stranieri e italiani. L’immigrazione è descritta prevalentemente con l’uso di immagini di massa e c’è una forte associazione fra immigrazione “clandestina” e disordini, con un evidente rischio di essere stigmatizzanti e discriminatori. Questo approccio video contrasta con la parte audio del servizio, con i toni musicali e la voce narrante. C’è dunque incoerenza fra parole e immagini. Il tema viene affrontato, da un punto di vista visivo, nella cornice della minaccia/invasione/sicurezza.
Le origini del flusso migratorio verso l’Italia - TG2 delle 20.30 del 24 giugno 2013
In generale non viene scritto in sovrimpressione che sono immagini di repertorio e solo una volta è indicato il luogo e la data delle riprese. Inizia con le immagini della nave Vlora carica di disperati che si buttano a mare, con un sottofondo musicale nostalgico. La giornalista parla del “primo disicanto” che arriva “con quel viaggio” verso la “terra promessa”. Il viaggio viene associato al ‘sogno’. E’ significativo che un servizio televisivo nel 2013 inizi con le immagini di uno sbarco di 22 anni prima, anche se si tratta di scene di forte impatto.
Apparentemente si vuole raccontare il “sogno infranto” dei migranti che affrontano il viaggio pericoloso verso la “terra promessa” fuggendo da “povertà e persecuzioni”, una terra che “accoglie e tradisce”. Il montaggio mette insieme quattro fatti di cronaca completamente slegati fra loro: l’arrivo della nave Vlora nel porto di Bari nel 1991, la rivolta di Rosarno nel 2010, le fughe e le ronde della tendopoli temporanea di Manduria nel 2011, l’incendio del Cspa di Lampedusa, sempre nel 2011. Tutto questo viene mandato in onda dal telegiornale nell’estate del 2013, a due anni di distanza dagli ultimi fatti narrati e a quasi un quarto di secolo dallo sbarco degli albanesi. Tra i quattro fatti di cronaca degli ultimi vent’anni viene creato un legame artificioso, sulla base del montaggio sequenziale di immagini di sbarchi, scontri, fughe, rivolte e incendi. Il risultato è di avere un filo conduttore legato alla sicurezza e all’ordine pubblico, in cui spesso viene usato il suono della sirena della polizia come stacco di montaggio per passare da una scena a un’altra.
La nave Vlora compare solo a livello visivo, non viene ricordata nel testo. Rappresenta il viaggio dei disperati per antonomasia e lo sbarco a livello simbolico. Il servizio risulta quindi fuorviante perché quegli albanesi non c’entrano nulla con Rosarno o Lampedusa. Nella parte riferita agli scontri di Rosarno, se a parole gli immigrati africani sono vittime aggredite dai rosarnesi, nelle immagini si vedono prevalentemente scontri e africani contenuti dalle forze dell’ordine.
Si lascia intendere dalla frase di un abitante di Rosarno completamente decontestualizzata (“Ma lei sa cosa fanno loro in giro nel paese?”), che in fondo gli africani se la sono cercata.In risposta a questo interrogativo si vedono scene notturne con blindati della polizia e un parapiglia indistinto e si sente dire dalla giornalista: “scoppia una rivolta cresciuta nel tempo in un contesto di immigrazione clandestina, disperazione e ‘ndrangheta”.
TG2 delle 20.30 del 24 giugno 2013 e riproposto dalla rubrica Costume e Società.
La cornice del messaggio viene definita a più livelli. C’è il sonoro: si sentono le sirene della polizia tre volte nel corso del primo minuto del servizio. La parte linguistico-testuale in cui si parla di masse:“1500 impiegati nella Piana”; “1700 immigrati arrivano alla tendopoli di Manduria già carica di extracomunitari”; “in centinaia sfondano la recinzione”; “in 500 fuggono”; “a Lampedusa fuggono in massa”. Le immagini sono di masse indistinte che sbarcano o che fuggono, di scontri, incendi, rivolte, con l’uso di video amatoriali o di scene notturne poco chiare. Il servizio fornisce quindi nel complesso una narrazione abbastanza falsata. Ad esempio si parla di sfruttamento ma non ci sono gli sfruttatori, le vittime vengono rappresentate come protagoniste di azioni violente. Su Rosarno si dice che la rivolta e gli scontri sono maturati ‘in un contesto di immigrazione clandestina’, ma in realtà si stima che il 70% degli africani sfruttati della Piana di Gioia Tauro abbia il permesso di soggiorno. Viene così proposta al pubblico, a distanza di anni, la spiegazione ideologica fornita in un primo momento dal ministro Maroni (troppa tolleranza verso i clandestini), questa volta fatta propria dalla voce narrante del servizio. Anche quando si passa a Manduria, le ronde sono in qualche modo “giustificate” a livello testuale (“Cittadini esaperati dai fuggiaschi organizzano ronde di cattura” ). Ma la fuga da un centro di accoglienza temporaneo non è un crimine, tanto che viene definita “allontanamento volontario”. La giornalista spiega che la polizia prima lascia passare gli immigrati per evitare disordini, poi li cattura “e per loro un futuro da clandestini è segnato”. L’ultimo blocco montato parte con l’immagine del Cspa di Lampedusa, con le scene di incendi e rivolte e la scritta in sovrimpressione migranti, odissea senza fine.
“Gli extracomunitari – conclude il servizio- fuggono in massa ma vengono rintracciati e trasferiti in altri centri con quel che rimane di quel sogno infranto”.