di Raffaella Cosentino
Immagini d’archivio degli sbarchi degli albanesi usate per spiegare quelli di oggi. In questa scheda e in “Il sogno infranto” vediamo due esempi tratti dal Tg2, andati in onda tra la primavera e l’estate del 2013 che ripropongono le scene degli sbarchi degli albanesi del 1991, non sempre dichiarando esplicitamente che sono immagini di repertorio. Sono servizi di approfondimento che dovrebbero, in teoria, prendere spunto dalla cronaca per indagare le cause che costringono le persone in fuga dalle guerre ad affidarsi ai trafficanti e ad affrontare pericolosi viaggi in mare.
Tg2 10 maggio 2013
Tra realtà e fiction. Questo servizio riprende e rafforza tutti i cliché sulle migrazioni: l’invasione, l’esodo biblico, il tema dei “disperati” che arrivano in Europa in cerca di cibo, più che di salvezza dalla morte. Esiste una sostanziale omogeneità nel modo di trattare la notizia da parte dei telegiornali e dei quotidiani.
Il tema dell’esodo biblico richiama quello per antonomasia, cioè l‘abbandono dell’Egitto da parte degli Ebrei guidati da Mosè e si porta dietro anche la mitologia della “terra promessa”. L’attacco e il tono danno un’immagine pietistica e di disperazione: navi stracolme, gente che si butta in mare, bambini con la bocca aperta, mani che si accalcano per accaparrarsi un panino, migranti in fila che attendono il pasto, in barca che si sbracciano. Si confondono le scene reali e quelle di fiction dei due film citati: La Nave Dolce di Daniele Vicari e Terraferma di Emanuele Crialese.
In quanto terra promessa, l’Italia diventa l’America d’Europa. Si parla di una serie di esodi biblici che avrebbero colpito il nostro paese. La testimonianza visiva di queste affermazioni sono, nel 2013, le immagini degli sbarchi degli albanesi del 1991. Si tratta di scene spaventose: una nave arrugginita, stracarica di gente che è pigiata come formiche.
“Pronta ad accogliere ma incapace di gestire un flusso di persone in fuga dalla crisi economica e dalla dittatura comunista in Albania. 27mila arrivarono a marzo a Brindisi. Cinque mesi dopo in 20mila sbarcarono a Bari. Cifre da esodo biblico, il primo verso lo stivale.
Era l’inizio di un fenomeno, l’immigrazione disperata e rischiosaDa allora si è passati attraverso respingimenti, sanatorie, flussi, sbarchi definiti ‘clandestini’ e un numero impressionante di morti”.
“E mentre le cronache mostrano sbarchi su sbarchi, i dati spiegano il perché”. (dal Tg2 10 maggio 2013)
L’uso improprio dei dati. Il modo in cui è costruito il servizio è esemplificativo di come la tv italiana usi l’iconografia dello sbarco per descrivere l’immigrazione nel suo complesso, senza tenere conto dei dati sul fenomeno. Gli immigrati che entrano irregolarmente in Italia sono una netta minoranza (il 36% della presenza immigrata irregolare secondo gli ultimi dati disponibili resi noti dal Viminale e riferiti al 2006), al cui interno è a sua volta minoritaria la quota di coloro che giungono via mare (il 13%), la stragrande maggioranza degli stranieri è entrata in Italia legalmente, cioè dagli aeroporti (63%). Il paradosso è che il servizio è pieno di dati, anche corretti. Ma sono numeri che non aiutano a mettere in grado il telespettatore di comprendere questo aspetto cruciale. Inoltre non viene inserita nessuna intervista a rappresentanti di istituzioni, enti oppure ong che si occupano di rifugiati e possano spiegare quello che succede.
L’associazione indissolubile fra “gli sbarchi clandestini” e tutti gli immigrati viene rafforzata mettendo le immagini dell’arrivo degli albanesi insieme a un discorso di questo tipo: “nel 2007, il primo rapporto Istat sugli immigrati in Italia, raccontava che gli stranieri con regolare permesso erano più di due milioni e 400mila, 129mila in più rispetto all’anno precedente e quattro volte di più rispetto a 15 anni prima”.
Il fenomeno dei boat people, che sappiamo essere composto ormai prevalentemente da richiedenti asilo in fuga forzata da guerre e persecuzioni, viene associato al tema del lavoro e, quindi, ai migranti economici, che scelgono di partire per migliorare le condizioni di vita.
“Nel nostro paese si viene per cercare lavoro e lo si trova. Poi, succede che la situazione si ribalta. E l’Italia, che era l’America d’Europa, si trasforma in ex terra promessa”. (dal Tg2 10 maggio 2013)
Si vedono scorrere le immagini di mani protese in una calca ad afferrare del cibo che viene distribuito, cioè si associa il cercare lavoro con l’immagine di gente che è affamata e non ha nulla, alla quale diamo un tozzo di pane per sopravvivere. Questo è un rovesciamento della realtà. I migranti reggono interi settori dell’economia italiana, che senza la manodopera straniera non potrebbero fare fronte alla crisi. Sono fondamentali in settori in cui gli italiani non lavorano più: la cura della persona (vedi badante ), l’edilizia, l’agricoltura. Creano posti di lavoro perché migliaia sono titolari d’impresa. Sono pagati meno degli italiani. Vedi anche Parlare Civile - immigrato ) .
“Le cifre del 18esimo rapporto Ismu sulle migrazioni nel 2012 parlano chiaro – continua il servizio che spiega il dato mediante un cartello- Lo scorso anno sono arrivati appena 27mila stranieri, mentre hanno fatto le valige per l’estero 50mila italiani”. Ma se la grafica dice che gli italiani che emigrano nel 2012 sono il doppio degli stranieri che arrivano, la foto messa a corredo mostra comunque immigrati in fila.