di Raffaella Cosentino
Caccia ai mostri e belve in gabbia. Se nel paragrafo Sbatti il mostro in prima pagina abbiamo affrontato la questione dal punto di vista della carta stampata, qui vediamo specularmente cosa succede in televisione.
Tutti i servizi sulla condanna agli autori dello Stupro di Guidonia,(come ad esempio quello in onda nel Tg1 delle 20 dell’8 gennaio 2010(1) mostrano i romeni in manette scortati dai carabinieri che salgono sul blindato dell’arma. Secondo il codice deontologico sulla tutela della privacy “le persone non possono essere presentate con ferri o manette ai polsi, salvo che ciò sia necessario per segnalare abusi. Escono uno alla volta- dice il giornalista in voiceover - C’è chi abbassa lo sguardo, chi sfida la telecamera I quattro romeni salgono sui cellulari, tornano in carcere. Per il giudice, la notte del 22 gennaio dell’anno scorso,hanno violentato una ragazza e picchiato selvaggiamente il suo fidanzato” La deontologia della Carta di Roma oggi chiede ai giornalisti di non insistere nei titoli sul dettaglio della nazionalità degli autori di reato, visto che la nazionalità non ha alcuna relazione con i crimini compiuti e ha l’effetto di stigmatizzare intere comunità. Il servizio affronta la vicenda dal punto di vista della “giustizia” che è stata fatta. E se non ci avesse pensato il tribunale, la gente sarebbe stata pronta a farsi giustizia da sé. Infatti viene mostrato un tentativo di linciaggio della folla che si lancia sull’auto dei carabinieri a calci, urla e pugni. Sulla frase la giustizia del tribunale si vede l’immagine di uno dei rumeni portato fuori dalla stazione dei carabinieri e poi un altro. Nella scena i due romeni sono piegati a 90 gradi e camminano spintonati dai carabinieri che li infilano con la forza nelle loro volanti. Quando l’avvocato dice che la vittima ha provato ‘soddisfazione’ per la sentenza, si vedono di nuovo i romeni in manette circondati dai carabinieri e fatti salire sui blindati. L’insistere sul particolare delle manette risponde alla logica con cui è stato costruito tutto il servizio. Riprende la linea il conduttore Attilio Romita e lancia il servizio:
Potrebbe essere lo stupratore seriale che ha terrorizzato Milano l’uomo arrestato nel pomeriggio. (dal tg1 delle 20 dell’8 gennaio 2010)
E’ un classico servizio di cronaca che utilizza, ripetendole più volte, le immagini fornite dagli inquirenti: la foto segnaletica dell’africano, fronte e profilo, la panoramica su altri fotogrammi di una telecamera di sorveglianza in cui si vede l’uomo che cammina, la foto del presunto stupratore nel garage a confronto con la foto del maglione a strisce blu e nere trovato in casa.
Le altre immagini sono quelle della conferenza stampa degli investigatori e una serie di scene inquietanti che possano rendere l’idea della violenza. Tra queste, l’inquadratura di un garage ripresa da una serie di sbarre di un cancello, l’immagine sfuocata di una donna di spalle che cammina per strada, l’interno di un garage con tanti box, la stanza contatori, la soggettiva che scende da una rampa. “L’immagine di un uomo di colore – dice il giornalista in voice over - Si chiama Nyang Demba, ha 36 anni. È senegalese, clandestino”. Poche parole per fornire l’identikit.
Chiudiamo con un ultimo esempio, estratto dal tg1 delle 20 del 10 gennaio 2010, dal lancio: Milano, donna aggredita e violentata:
tg1 delle 20 del 10 gennaio 2010
Crimini efferati. Questo servizio è un tipico esempio in cui non ci sono al momento dettagli certi sugli autori di un crimine riprovevole come la violenza sessuale. Tuttavia mediante il collegamento a un precedente stupro compiuto da stranieri, richiamato visivamente mediante le foto segnaletiche dei 4 romeni arrestati, si insinua nel pubblico l’idea che anche in questo caso lo stupratore possa essere un immigrato. E’ da notare che questo è un caso di cronaca, apparentemente non legato all’immigrazione. Ma è inserito nella scaletta di un telegiornale che dopo i fatti di Rosarno presenta cinque titoli dedicati a quella situazione e un sesto servizio in cui si parla di stranieri. In un momento in cui le informazioni sono vaghe, il giornalista prepara lo spettatore costruendo il frame del mostro, “che non può essere considerato un uomo”. Questa casella vuota viene riempita sul finale con la foto dei romeni autori di un altro stupro ma già arrestati e dunque non collegati a questa violenza sessuale.
Le notizie sugli stupri, un tipo di reato che genera molto allarme sociale, vengono collegate spesso a un elemento etnico o di nazionalità, in cui gli autori sono sempre stranieri, o si suggerisce al telespettatore che lo siano, sulla base del fatto che sono crimini efferati.
Cioè, da ‘ex-fera’(belva), ‘crudeli, inumani’, letteralmente ‘oltre la bestialità’. Ne sono sinonimi parole come “belluino, brutale, cruento, mostruoso, spietato, atroce, barbaro, selvaggio, perverso”. Termini spesso usati in questo tipo di cronache, accomunate da un taglio disumanizzante, che però, come vedremo nell’esempio seguente, viene adoperato solo per un gruppo di persone e non per gli altri. Secondo Giuseppe Faso, autore del Lessico del razzismo democratico, di fronte a delitti commessi da persone appartenenti a minoranze (ad esempio immigrati e rom), si apre il dibattito “sulla propensione genetica e culturale all’efferatezza”. Dice ancora Faso: “Di efferatezza, di ferocia inimmaginabile hanno cominciato a parlare a fine anni Novanta giornalisti e qualche politico, per definire atti di violenza attribuiti a slavi e albanesi”. Queste considerazioni portano lo studioso ad affermare che “l’aggettivo efferato è una spia sicura: si tratta di un delitto commesso da un cittadino rumeno”.
I delitti efferati sono l’esempio emblematico di notizie in cui l’interesse pubblico non è dato dalla presenza di un personaggio famoso, ma dalla gravità o eccezionalità dell’evento, che coinvolge solitamente personaggi ‘anonimi’, gente comune catapultata sotto i riflettori dei media. “Il delitto efferato non provoca soltanto sdegno, ma anche allarme sociale. Qui l’interesse pubblico è massimo. La collettività va compiutamente informata sia sul gesto efferato in sé, sia sulle motivazioni che hanno indotto l’assassino a compierlo - scrive in un articolo l’avvocato Antonello Tomanelli (I delitti efferati: quando l’orrore fagocita la privacy, 8 ottobre 2007, da www.difesadellinformazione.com) - Data la gravità del fatto, qui un’ampia libertà di narrazione è garantita dall’art. 6, comma 1°, codice di deontologia dei giornalisti, secondo cui La divulgazione di notizie di rilevante interesse pubblico o sociale non contrasta con il rispetto della sfera privata quando l’informazione, anche dettagliata, sia indispensabile in ragione dell’originalità del fatto o della relativa descrizione dei modi particolari in cui è avvenuto, nonché della qualificazione dei protagonisti”(Principio di essenzialità dell’informazione).
“La narrazione del delitto efferato provoca inevitabilmente l’indagine sulle motivazioni psicologiche dell’assassinio – dice ancora Tomanelli - Cosa per niente necessaria (o meglio: non “essenziale” ex art. 6 del codice di deontologia) quando ci si imbatte, ad esempio, in un caso di corruzione, per quanto grave possa essere, dove l’informazione è garantita dalla narrazione del fatto in sé, senza alcun bisogno di indagare sulle motivazioni che hanno spinto il funzionario a farsi corrompere. Ed è facile immaginare come un’indagine sulle motivazioni psicologiche di un assassinio possa fare luce su aspetti intimi che indiscutibilmente rientrano nella sfera privata, ma la cui narrazione è senz’altro utile alla “qualificazione dei protagonisti”, per dirla con l’art. 6 del codice di deontologia”.
Proseguiamo con un servizio del tg2 delle 23 dell’8 gennaio 2010: Incidente stradale, travolti e feriti due fratellini senegalesi. Il giornalista in voice over su immagini non significative del tratto di strada dove è avvenuto l’incidente, a parte l’uso di alcune inquadrature in soggettiva:
“è per salvare il loro papà che sarebbero finiti sotto la macchina. Erano usciti con lui i due bambini senegalesi che questa mattina a Meldola nel forlivese sono stati investiti sulle strisce pedonali, stavano andando in questura a Forli per regolarizzare i documenti dei due fratellini. La fila di auto nella corsia alla loro destra si è fermata per farli passare, non ha fatto lo stesso una macchina che veniva nel senso opposto. Il ragazzo di 29 anni che la guidava non andava forte. Nessuna frenata, dice di non averli visti per niente, complice forse la pioggia battente. Il papà dei due bimbi, rimasto illeso, è caduto, forse tirato da loro che lo tenevano per mano. I due fratellini hanno tentato di rialzarlo ma nel tentativo sono finiti proprio sotto le ruote della macchina che stava arrivando e li ha centrati in pieno. Il più piccolo dei due di sette anni è in coma al bufalini di cesena, ha una frattura cranica. Piuttosto grave anche il fratello di 8 anni che si è rotto il bacino in più punti”. (dal tg2 delle 23 dell’8 gennaio 2010)
Tg2 delle 23 dell’8 Gennaio 2010
Le immagini non insistono troppo su particolari macabri. Non è data la nazionalità dell’investitore, da cui deduciamo che sia italiano. In questo caso non c’è nessun accanimento verso l’investitore. C’è da chiedersi quale sarebbe stata la costruzione della notizia, se un senegalese avesse investito sulle strisce pedonali due bambini italiani che attraversavano la strada insieme al padre. Senza contare che sicuramente sarebbe stata sottolineata nel titolo la nazionalità dell’investitore e non quella delle vittime.
Il pericolo del terrorismo internazionale. Per quanto riguarda le notizie sul terrorismo, è interessante notare che spesso i giornalisti richiamano l’attenzione sulla mancata prevenzione nei confronti di soggetti già sospettati di avere piani eversivi o violenti.
Il mancato attentatore che viaggiava nel giorno di Natale con le mutande imbottite di esplosivo, compare oggi per la prima volta davanti a una corte di giustizia americana. Più che quello che dirà Abdul Mutallab conta quello che di lui già si sapeva e non è servito a impedirgli di salire sull’aereo che voleva far saltare in aria.
In dissolvenza si vede la foto dell’attentatore nero sovrapposta all’aereo Delta. Il fotogramma ‘CNN EXCLUSIV’ ha i volti oscurati, ma si vedono agenti che immobilizzano il giovane afroamericano sull’aereo. Segue un primo piano di Obama che parla ai giornalisti. C’è poi Borrelli da studio a mezzobusto. Lo sfondo dietro di lui è diviso, per due terzi c’è New York di notte e per un terzo un fotomontaggio: in alto la foto dell’attentatore in basso l’immagine di Obama in conferenza stampa alla Casa Bianca
1Per questioni legate alla concessione dei diritti Rai, siamo in attesa di poter pubblicare il video,ndr
1Per questioni legate alla concessione dei diritti Rai, siamo in attesa di poter pubblicare il video,ndr