di Andrea Pogliano
La produzione di un immaginario politico sul tema sicurezza. Nell’inverno del 2009, per la precisione la sera di San Valentino, una ragazza minorenne è stata aggredita e violentata mentre passeggiava con il suo fidanzato. Nel proporre un’analisi della trattazione mediatica di questo fatto, porremo particolare attenzione a tre punti. I primi due hanno a che fare con la produzione di un immaginario politico sul tema sicurezza che ha come conseguenza quella di offrire il terreno di legittimazione a una serie di azioni legislative e amministrative. Il terzo ha a che fare con la produzione delle immagini legate al caso specifico e ha conseguenze etiche e pratiche più dirette e immediate, specialmente riguardo ad atti di discriminazione e violenza. I punti sono i seguenti:
1) la confusione tra romeni e Rom, che leggiamo come un’ambiguità funzionale, imposta dalla politica per ragioni strumentali e non contrastata dai media;
2) le associazioni arbitrarie tra termini e tra eventi, che leggiamo come processi narrativi che contribuiscono a rinnovare il frame “immigrazione e sicurezza”, denotando confini semantici vaghi ma puntellandolo con categorie specifiche e, ancora, funzionali all’agenda politica;
3) la composizione dell’immagine dei criminali, fatta di a) costruzioni di identikit dei rei, seguendo una pratica investigativa non giornalistica bensì poliziesca che, una volta mediatizzata (e banalizzata), finisce per promuovere degli stereotipi etnici; b) il processo eticamente riprovevole di mostrare i sospetti come se fossero già stati giudicati colpevoli, trasformando il pubblico dei media in un tribunale popolare.
Sui punti uno e due, la prima pagina del Corriere della Sera il giorno che segue l’evento (15/02), offre subito un’efficace spunto. In assenza di immagini di richiamo, le parole-chiave si fanno esse stesse icone: rom, stranieri, sicuro, clandestino. La vittima asserisce che i due violentatori fossero stranieri; il sindaco Alemanno propone già la sua versione, sostenendo che forse si tratta di Rom.
Il tema della sicurezza è da subito centrale, laddove si enfatizza il fatto che un luogo considerato sicuro si è rivelato nei fatti un posto insicuro (il senso comune, associato alle presenze straniere, è subito chiaro: non si è più sicuri nella “nostra” terra). Infine, l’associazione immediata con un altro caso (uno stupro avvenuto a Bologna) fa emergere la parola “clandestino” (il reo in quel caso era infatti un immigrato irregolare).
Il richiamo di prima pagina al caso della Caffarella – almeno stando a occhiello e titolo – si chiude poi con queste parole: “E’ un clandestino di 32 anni arrestato in agosto per spaccio e scarcerato a gennaio”. Questa frase, oltre a stabilire il nesso tra lo status di clandestino e l’attuazione di crimini (dallo spaccio allo stupro), suggerisce l’errore di una scarcerazione prematura di un soggetto pericoloso, sostenendo frasi di senso comune piuttosto note, del tipo “tanto poi li fanno uscire subito”. I temi che compongono il frame immigrazione/sicurezza sono quindi già tutti qui: i referenti principali sono i Rom e i clandestini; il senso comune è presente (non si è più sicuri nella “nostra terra”; gli stranieri che commettono reati non pagano il conto); i sindaci che si atteggiano a sceriffi sono i (soli) possibili eroi in grado di risolvere la situazione. Riguardo al punto 3), si inizia da subito a comporre l’identikit, abbozzando dei tratti ancora inevitabilmente caricaturali, alcuni dei quali potenzialmente in contraddizione, come Rom e stranieri, persone dell’Est e immigrati dalla pelle scura. Le ambiguità funzionali strutturano quindi da subito un contenitore ampio di soggetti possibili che nutre il frame immigrazione/sicurezza.
In veste di “imprenditore dell’insicurezza”, Gianni Alemanno si premura, sin dalle prime ore, di parlare di “campi”, facendo di una supposizione senza alcun ancoraggio a fatti (quella che immagina gli stupratori come Rom) un dato implicito a sostegno di precise azioni politiche. Al contempo, rinforza immediatamente la sua figura di sindaco-sceriffo, nutrendo il senso comune (gli stranieri che commettono reati non pagano il conto) con la frase, riportata nell’occhiello a pagina 6 del Corriere della Sera del 25 febbraio 2009:
“Anche la magistratura deve dare segnali forti, basta con i gesti di clemenza” (dal Corriere della Sera del 25 febbraio 2009)
il cui nonsense in termini pratici non si accompagna a uno stesso nonsense in termini narrativi (il genere western contempla la possibilità che lo sceriffo si affidi ai tribunali del popolo delegittimando i tribunali competenti).
La scelta delle immagini dà conto perfettamente dell’appiattimento dell’agenda dei media sull’agenda politica. Sebbene il riferimento sia alla Caffarella, l’immagine scelta da accostare a quella del sindaco-sceriffo riguarda uno degli arrestati per lo stupro di Guidonia, avvenuto pochi giorni prima: un caso già politicamente cavalcato per legittimare le azioni nel quadro della cosiddetta “emergenza Rom”. Il meccanismo di sostituzione, permette al giornalismo di “sbattere un mostro in pagina”, anche in assenza di una fotografia dei rei in questione. Questo meccanismo di sostituzione visiva ha due effetti:
1) quello di dare forza all’ipotesi degli aggressori Rom, sostenuta in prima battuta da Alemanno per perseguire la propria strategia politica. Non si sa ovviamente ancora chi abbia commesso lo stupro della Caffarella, ma si sa che gli stupratori di Guidonia erano Rom, o forse romeni non di etnia Rom che però vivevano in baracche, un dato di per sé sufficiente per costruirli discorsivamente come Rom, senza approfondire e senza porsi il problema di quanto sia pericolosa la discriminazione etnica a mezzo stampa.
2) quello di presentare questo caso non come un caso isolato, ma come parte di un processo che ha dei precedenti e che – in assenza di azioni politiche decise – avrà un seguito ipotizzabile in nuovi casi analoghi (un tratto tipico dei fenomeni di panico morale).
La Stampa del 15 febbraio, che vedete qui sotto, produce un accostamento ancora più marcato tra le esternazioni degli imprenditori morali (col sindaco Alemanno in prima linea) e il senso comune sull’immigrazione. I virgolettati che vengono enfatizzati nell’articolo di pagina 6 danno conto di una sovrapposizione tra le frasi (populiste) di soggetti istituzionali e quelle della madre della vittima.
Così, la frase attribuita alla madre della ragazza violentata (“Ma che li fanno a fare i controlli se quelli fanno sempre ciò che vogliono”) diventa un supporto alle frasi attribuite a Gianni Alemanno (“Mi auguro che li arrestino e che i magistrati non li rimettano subito in libertà” e “Basta con l’indulgenza”), mentre la frase attribuita a Giorgia Meloni (“Provo grande dolore per le ragazze ma anche collera verso chi finge di non vedere l’emergenza criminalità legata all’immigrazione clandestina”) costruisce un legame tra i due casi isolati di Bologna e Roma e generalizza al secondo un tratto del primo. In questo modo anche su La Stampa viene a comporsi il frame più generale dell’immigrazione/sicurezza che ha nella clandestinità un suo grimaldello. Il titolo propone il virgolettato “Erano Rom” senza che ne venga attribuita una paternità, così da risultare di fatto un non-virgolettato. Infine, anche in questo caso viene prodotto il senso di un processo, anziché la presentazione di un caso isolato, attraverso la testatina “Donne nel mirino”.
Questi prodotti giornalistici rivelano pertanto uno stesso canovaccio che detta sin dalle primissime ore il frame dei media sull’evento. A riprova di un’uniformità trasversale ai media informativi italiani, il Tg2 Notte del 14 febbraio conteneva queste parole:
“Dalla descrizione fatta dai due giovani, gli aggressori di carnagione scura avrebbero un forte accento dell’Est Europa. Nel parco, frequentato da stranieri e nomadi, che trovano alloggio in baracche e ricoveri di fortuna, sono impegnati nelle ricerche una decina di poliziotti. Dall’Istria, il sindaco di Roma Gianni Alemanno ha ribadito la necessità che una volta assicurati alla giustizia, per gli aggressori non ci siano clemenza ed indulgenza. Già dalla prossima settimana, ha assicurato, cominceranno gli interventi per bonificare le aree di periferia”. (dal Tg2 Notte del 14 febbraio)
Questo è invece un estratto del Tg 3 delle 19 del 16 febbraio:
“Li hanno identificati e sarebbero sulle loro tracce. Alti, con un forte accento straniero, probabilmente romeni. Uno avrebbe i capelli lunghi. Si fa sempre più dettagliato l’identikit degli aggressori. … Una violenza feroce, la quarta solo a Roma e Provincia dall’inizio dell’anno. E mentre il sindaco Alemanno annuncia l’avvio del piano contro l’emergenza nomadi con i primi sgomberi…”. (dal Tg 3 delle 19 del 16 febbraio)
Lo stesso giorno (16/02), il Tg1 delle 20 contiene un’intervista del giornalista a un uomo al quale le vittime avevano parlato subito dopo i fatti. L’intervista dà conto della fragilità delle immagini che stanno emergendo dalle testimonianze delle vittime. Intorno a queste fragili immagini politici e giornalisti stanno costruendo un vociare piuttosto pericoloso (e infatti diverse aggressioni verso romeni e verso Rom sono in corso, testimoniate in altri servizi giornalistici).
- Ha cercato di descriverlo? – chiede il giornalista.
- Ha cercato di descriverlo, che gliel’ho chiesto io, se ci riuscivamo a trovarli – risponde l’uomo.
- Era lucido?
- Sì, lui era abbastanza lucido.
- Come li ha descritti?
- Ha descritto che uno c’aveva il naso schiacciato. L’altro ha detto che forse era donna, però quello non è che aveva visto bene.
Il giornalista riprende, in voice over: “Oltre al naso schiacciato, da pugile, uno dei due aveva capelli lunghi e carnagione scura”. A questo punto le immagini portano su divani abbandonati in un parco e a immondizie sparse. E il giornalista chiude così: “Oggi controlli a tappeto nei campi nomadi della capitale. E ci sono stati degli sgomberi di insediamenti abusivi sul litorale romano. Erano decisi da tempo, ma forse in qualche modo potrebbero aiutare a trovare delle tracce”.
Tg1 delle 20 - 16 febbraio 2009
Eppure, due giorni dopo (18/02), lo stesso Tg1 (edizione delle 13,30) manda in onda, in mezzo a un servizio che parla dell’identificazione e del fermo dei due presunti violentatori, un frammento di intervista al questore. “Avevano trovato qualcuno nei campi nomadi che sapeva e li stava aiutando a fuggire?” – gli viene chiesto dal giornalista. E il questore risponde: “Non frequentavano abitualmente campi nomadi”.
I decreti contro gli stupri e le ronde anti-rom. Intanto, mentre vengono abbozzati identikit e prodotti sospetti costruendo un frame che tiene dentro clandestini e rom senza che ancora nulla si sappia dell’identità dei violentatori, la politica approfitta della mediatizzazione di questo caso per accelerare alcuni processi. Il 16 febbraio, il Corriere della Sera riporta in prima pagina l’idea di un decreto urgente “contro gli stupri”, ma anche della volontà del Ministro dell’Interno di riproporre “la norma sui clandestini bocciata dal Parlamento”. Parallelamente, le “spedizioni anti-rom” portano i giornali a parlare di “voglia di ronde”. In pratica, delle aggressioni razziste di alcuni gruppi affiliati all’estrema destra vengono raccontate sotto un titolo che generalizza al “quartiere” e quindi a un’ipotetica collettività eterogenea di residenti e che solleva la questione delle ronde, tema che è già nell’agenda politica e che viene qui presentato come se fosse una richiesta venuta dal basso.
Tutto questo avviene mentre il sindaco-sceriffo, dopo aver delegittimato la magistratura con le sue prime esternazioni, ora invita i cittadini a non farsi giustizia da soli (mentre la Lega Nord invoca la castrazione chimica) e i giornali continuano a proporre le photo opportunities in cui Gianni Alemanno si presenta nel luogo del crimine come se fosse lui a dover compiere l’investigazione e assicurare i criminali alla giustizia.
Infine, come elemento di contesto, l’ambiguità funzionale continua a giocare un ruolo-chiave e La Repubblica, sempre nel quadro del caso Caffarella, passa dalla testatina “l’emergenza stupri” del 16 febbraio (correlata dall’immagine della scritta su un muro “Rom assassini”) alla testatina “l’emergenza immigrazione” del 19 febbraio, sopra un articolo che parla del “piano Rom”. In pratica, prima crea un legame in pagina tra stupri e Rom, poi parla di Rom nel quadro di un’emergenza immigrazione.