Bambini Ladri e schedatura dei Rom

I “ladri in miniatura”

di Raffaella Cosentino

“Nati per rubare” è una copertina lombrosiana che sembra associare il furto a una caratteristica genetica dei piccoli rom. Viene pubblicata in collegamento con la campagna dell’allora ministro dell’Interno leghista Roberto Maroni per il fotosegnalamento e il rilevamento delle impronte digitali di tutti i bambini rom. Misura alla quale si oppose il prefetto di Roma Carlo Mosca, che per questo fu sostituito, e che è stata condannata dal Parlamento europeo e anche dai tribunali italiani come pratica discriminatoria.

 Panorama 8 luglio 2008

Panorama 8 luglio 2008

La schedatura su base etnica o “ethnic profiling è l’identificazione di persone e la raccolta di dati sensibili ai fini di controlli di sicurezza sulla base di caratteristiche etniche, razziali o religiose che portano a sospettare delle persone solo sulla base della loro appartenenza a uno specifico gruppo etnico. E’ una pratica che a volte viene usata dalle forze di polizia ma costituisce una discriminazione ed è pertanto illegale secondo il diritto internazionale e le leggi americane ed europee.

Il profiling razziale è inteso come il riferimento esplicito da parte della polizia alla “razza” come criterio di decisione per svolgere indagini su un sospetto, in base all’assunto che le persone di determinate “razze” o etnie abbiano maggiori possibilità di commettere reati.
Il reportage di Panorama è al seguito della Polfer in servizio presso la Stazione Centrale di Milano e di fatto assume completamente il punto di vista della polizia. La storia non è raccontata dal lato dei bambini Rom.
Sia le fotografie, sia il testo contribuiscono a una narrazione della” storia di vita” di un ragazzino rom dalle molteplici identità fatta però seguendo la giornata tipo degli agenti. Età presunta 10 anni, nazionalità rumena, già sottoposto ben 34 volte a segnalazioni fotodattiloscopiche (foto del viso ed impronte). La copertina del settimanale a caratteri cubitali annuncia l’inchiesta “NATI PER RUBARE “.
Secondo l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni che a suo tempo ha esaminato il caso, “l’associazione e l’automatismo, il determinismo quasi biologico che deriva da quel “nati per rubare” richiama Cesare Lombroso e il cattivo servizio che certo giornalismo fa soprattutto a se stesso. Il pregiudizio è infatti contenuto più nella copertina che nell’articolo”.

La fotografia che accompagna la storia del “baby ladro” racconta di per sé un “ladro in miniatura”, cioè del bambino non resta nulla in questa raffigurazione se non la taglia fisica più piccola rispetto a un adulto. Sia la posizione di fermo accanto al poliziotto, sia le mani che sono da adulto sembrano mostrare una persona già grande. Il volto più che oscurato è sfigurato e assume contorni mostruosi, un po’ simili ai lineamenti di un lupo.
Il testo che accompagna la foto parla di Zafil, romeno di 10 anni, che è “scaltro”, “abituato a eludere le schedature”. Innanzitutto fin dal lead dell’articolo si vuole fare passare come prassi normale il fotosegnalamento dei minori rom:

“a mezzogiorno di lunedì 30 giugno, quando i poliziotti gli hanno preso le impronte digitali, nessuno ha protestato. Né lui si è stupito”. E ancora: “Vali e Curte sono due tra le decine di ragazzini nomadi, spesso under 14, che ogni giorno vengono fotosegnalati in caserme, commissariati e questure d’Italia, su richiesta dei pm. Una prassi consentita dalle leggi e che numerose circolari delle procure presso i tribunali per i minorenni hanno nel tempo ratificato”.(da Panorama 8 luglio 2008)

La ragione, secondo il testo, è nel comportamento criminale di questi bambini, raffigurati anche a parole come se fossero già adulti. “Gli agenti della Polfer lo hanno pizzicato mentre insieme con un amico “curava” lo zaino di una turista giapponese dentro la “tonnara”. Così gli investigatori hanno ribattezzato lo stretto passaggio che collega l’uscita della stazione Centrale di Milano con gli autobus per gli aeroporti, dove i piccoli rom vanno a caccia di stranieri da derubare”.
Nell’agosto 2006 è stato denunciato dai carabinieri per “sequestro di persona a scopo sessuale”. Un’affermazione così forte passa insieme al resto senza ulteriori spiegazioni.

“L’amico Curte” di 15 anni “ha già moltissimi alias, 26 per l’esattezza. Ha collezionato precedenti per rapina, furto, ricettazione, resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale. La prima fotosegnalazione l’ha subita a 12 anni”.(da Panorama 8 luglio 2008)


Uno spot politico
. Come anche per l’immigrazione, un articolo dal taglio securitario segue spesso il doppio registro che alterna sicurezza e vittimismo, ma che alla fine indirizza l’opinione pubblica sempre in una direzione. “Vali e Curte – si legge nel reportage - non sono uno spot vivente preparato dal ministro dell’Interno Roberto Maroni, che nei giorni scorsi ha annunciato di voler prendere le impronte digitali ai piccoli rom, suscitando l’indignazione di chi bolla la proposta come razzista, un retaggio dell’epoca fascista”.
Negando in realtà si afferma, perché è evidente che queste storie sono invece proprio “uno spot vivente” per sostenere la tesi di Maroni.


Disseminati nel testo dell’articolo ci sono molti input verso il lettore attraverso la descrizione dei due minorenni oggetto del racconto e di quelli come loro: addestrati a fuggire, ladri bambini, ladruncoli, criminali in erba, zingarelli in giro, minorenni che sguazzano nella tonnara, banda di Rom, miniborseggiatori, i piccoli nomadi
Quindi da un lato è necessario prendergli le impronte perché sono un pericolo pubblico. Dall’altro, spiega l’articolo, questo serve “anche per i minorenni che non hanno commesso reati”, perché, in quel caso sono quantomeno “bambini schiavi” e “vittime” delle loro famiglie. Allora è necessario schedarli per “riuscire a individuarne i genitori e magari proteggerli da famiglie che li schiavizzano e a volte li vendono”.

Lo stereotipo secondo cui tutti i rom sfruttano i minori trova la sua espressione più forte nella figura del bambino che ruba, ad esempio come borseggiatore sui mezzi pubblici.
Il libro “Bambini ladri – tutta la verità sulla vita dei piccoli rom, tra degrado e indifferenza” di Luca Cefisi, mette in luce la “condanna collettiva” che colpisce i rom, visti dalla società maggioritaria come “incessantemente dediti al furto e allo sfruttamento dei loro figli”.

“Questi bambini valgono oro e, dopo le prime segnalazioni, spesso vengono scambiati tra famiglie che li mandano a rubare o a chiedere soldi in zone dove non sono conosciuti” (da Panorama 8 luglio 2008)

spiega ancora l’inchiesta di Panorama. In questa narrazione, i “giovanissimi rom sfruttati” si muovono nello scenario della Stazione Centrale di Milano, diventata “territorio di frontiera cittadino”. Una descrizione che contribuisce a delineare la storia dei piccoli rom come un qualcosa al di fuori dai confini della società maggioritaria. “Migliaia” di turisti stranieri sono “le vittime preferite dei ladri bambini”.

Da un punto di vista psicologico, Zafil, il protagonista , “è spaventato, piange in silenzio, stringendo un fazzoletto, ma resiste e non permette ai militari della Guardia di finanza di risalire ai parenti”. Abbassa lo sguardo, parla senza credere a quello che dice, confessa al cronista di aver rubato in passato, vuole tornare a casa a giocare con la bici e la Playstation, non si scoraggia, conosce le leggi e sa che tra poche ore potrà tornare sulla sua bicicletta.

Questa inchiesta si colloca politicamente nel clima dell’ emergenza nomadi, decretata dal governo Berlusconi nel 2008, pochi mesi prima della pubblicazione di questa inchiesta.
Il Consiglio di Stato nel 2011 e la Cassazione nel 2013 l’hanno dichiarata illegittima per mancana di presupposti reali. Vale a dire che non che non c’è effettivo “pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica” quando in un territorio ci sono insediamenti nomadi.

La dichiarazione dello stato di emergenza, scrivono i giudici, non è supportata da dati, che ad esempio dimostrino l’incremento di determinate tipologie di reati a causa della presenza dei rom. Tutto l’opposto di quello che questo articolo vuole comunicare al pubblico.
Come poteva essere per i baraccati italiani degli anni Sessanta raccontati da Pier Paolo Pasolini, la mancanza di istruzione e di accesso al mondo del lavoro, reso più difficile dai pregiudizi, sono le cause della devianza.

La minoranza rom in Italia è tra le più emarginate d’Europa. In molti altri Paesi europei non è raro avere dei rom laureati. Al contrario, nel nostro Paese, sono molti i minori rom che hanno avuto problemi con la giustizia. Una ricerca dell’associazione Geordie Onlus diche che nel 2006 sono stati 2384 i minori non rom passati dai Centri di giustizia minorile nelle regioni centrali italiane e 1434 i minori rom, percentuale alta rispetto al numero assoluto dei rom sul resto della popolazione.
“Un altro dato significativo – scrive Cefisi nel suo libro – è che i ragazzi rom rimangono di più in carcere, al contrario della vox populi che li vuole impuniti”. Il motivo: chi non ha casa e denaro non ha una buona difesa legale, né ottiene le misure alternative al carcere. La dichiarazione dello Stato di Emergenza prevede la nomina di Commissari speciali e la prima azione prevista nella dichiarazione consisteva nella realizzazione di un censimento delle presenze dei “nomadi”, una misura che non ha precedenti nell’Italia repubblicana e ha sollevato critiche e preoccupazione a livello nazionale ed europeo. Daniele parla di un “regime di eccezionalità” per i rom, di “etnicizzazione del sociale” e di una “separazione etnicamente motivata” per i rom in cui vengono sperimentate pratiche di controllo inedite. I decreti “emergenza nomadi” del governo Prodi e poi Berlusconi, il pogrom di Ponticelli nel maggio 2008 e la schedatura con raccolta dei dati biometrici dei residenti dei campi nomadi hanno poi provocato l’indignazione nell’opinione pubblica progressista europea e tensioni diplomatiche tra due stati membri dell’Ue (Romania e Italia).

Un censimento discriminatorio. A giugno 2013 è arrivata un’importante sentenza del tribunale di Roma che ha riconosciuto la discriminazione di un cittadino italiano di etnia rom, Eviz Salkanovic, che fu “censito” insieme ad altri migliaia di rom residenti a Roma, nonostante avesse in tasca una carta di identità valida. I giudici hanno stabilito che quello voluto da Maroni non fu un censimento bensì “schedatura etnica” e così hanno ordinato di cancellare le impronte digitali e i dati raccolti dalla polizia durante le operazioni nei campi rom. La sentenza del Tribunale Civile di Roma ha ordinato al Ministero dell’Interno di distruggere la sua scheda e di pagargli, insieme alla presidenza del Consiglio, 8 mila euro di risarcimento per i danni morali. Dunque la i giudici hanno affermato in modo inequivocabile che le impronte digitali prese ai rom durante l’ emergenza nomadi” furono una schedatura su base etnica. E per questo illegittima. Lo Stato ha violato i diritti di chi l’ha subita. Il censimento era stato presentato come una condizione necessaria per accedere a nuovi alloggi. “Il trattamento a cui è stato sottoposto Salkanovic – si legge nella sentenza – ha provocato l’effetto sia di violare la sua dignità, sia di creare un clima ostile da parte dell’opinione pubblica”.
Associazione 21 luglio, ASGI e Open Society Justice Initiative che hanno assistito Salkanovic durante il ricorso hanno chiesto alle autorità italiane di distruggere tutti i dati di quel censimento.
La sentenza impone l’obbligo di tale distruzione che, tuttavia, non risulta essere mai stata ordinata, nonostante lo stesso governo italiano abbia pubblicamente dichiarato di averlo fatto. “Raccogliere le impronte digitali e le informazioni personali di migliaia di persone in un archivio, esclusivamente in base all’appartenenza a un particolare gruppo etnico o sociale, oltre che costituire una discriminazione dal punto di vista giuridico, rappresenta una violazione della dignità umana - affermano Associazione 21 luglio, ASGI e Open Society Justice Initiative -. Risulta particolarmente grave perché effettuata da autorità pubbliche preposte alla tutela dei diritti di chi vive sul territorio”.

 

 

Torna su