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12 luglio 2015

ROMA - L’Eritrea è il Paese con la dittatura peggiore al mondo eppure il dramma che migliaia di persone vivono quotidianamente resta invisibile. Nel libro “Migranti e Territori”, il giornalista Emilio Drudi e il sociologo Marco Omizzolo ripercorrono la diaspora silenziosa del popolo eritreo in fuga dal regime di Isaias Afewerki. “Esiste un servizio militare a tempo indeterminato che dura fino ai 55 o 60 anni. E’ per questo che un giovane su otto scappa. E’ uno Stato che si sta svuotando delle proprie energie, anche se nessuno parla di questo orrore”, afferma Drudi. Le 500 pagine del rapporto dell’Onu pubblicato lo scorso mese parlano chiaro: il dittatore eritreo non ha solo violato i diritti umani imponendo un servizio militare obbligatorio, ma ha negato qualsiasi forma di protesta, creando un “clima di terrore in cui il dissenso è sistematicamente represso, la popolazione è costretta al lavoro forzato e a carcerazioni arbitrarie, tanto da poter parlare di crimini contro l’umanità”, affermano i Commissari dell’Onu. Un rapporto che per Drudi rappresenta un passo importante: “Ora nessuno può dire di non sapere”. Come racconta un richiedente asilo nel libro: “In Eritrea le nostre madri ci partoriscono per essere servi e schiavi del regime. Siamo scappati per poter avere figli e questi figli essere nostri e non da usurare nelle mani del regime…”.

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